Nel febbraio del 1857 un turista molto speciale si aggira per l’Italia. Il signore barbuto dall’aspetto severo che non disdegna carrozzelle, cabine di seconda classe e alberghi economici è Herman Melville.
Moby Dick è già stato dato alle stampe. Come Bartleby lo scrivano. Ma ai primi successi non ne fanno seguito altri.
Il favore della critica e dei lettori sembra non accompagnarlo. Così sospende le pubblicazioni e si decide: troverà svago nei viaggi.
Il programma lo porta verso la Terra Santa, ma resta il tempo per una tappa in Italia, come racconta nel Diario italiano, pubblicato nel 2021 da Editoriale Jouvence (titolo originale Journal of a visit to Europe and the levant).
Tra il 18 e il 27 febbraio è a Napoli, ma prima c’è stata la Sicilia, con Messina e la rappresentazione del Macbeth diretta, pare, da Giuseppe Verdi in persona.
Scopriamo di più sul viaggio in Italia di Herman Melville.
Herman Melville a Napoli: la tappa a Pompei
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Con Napoli però è amore a prima vista. La visita in lungo e in largo, con amici e da solo. E le dedica pagine appassionate, contraddistinte da una prosa veloce, sintetica. Quasi una descrizione per immagini, più che un vero e proprio racconto.
Ma forse proprio per questo evocativa e capace di valicare le evidenti differenze rispetto alla realtà contemporanea. Tra le righe ci sono la situazione politica non facile con la dominazione borbonica e un ritratto felice della gente. In compagnia dello scrittore scorrono le tappe turistiche per eccellenza: Capodimonte, Pozzuoli, l’escursione sul Vesuvio a dorso di cavallo, il teatro San Carlo, in vettura a Posillipo. E naturalmente Pompei.
Pompei è uguale ad ogni altra città. La stessa antica umanità. Che si sia vivi o morti non fa differenza. Pompei è un sermone incoraggiante. Amo più Pompei che Parigi.
La Napoli sotterranea di Melville
Melville non sfugge al fascino della Napoli sotterranea con l’accesso alle catacombe dalla chiesa di San Gennaro dei Poveri.
Un vecchio con lanterna. Grande estensione. Vecchie tombe fuligginose. Non riuscivo ad andar via. Devono avermi preso per pazzo. Sono uscito di nuovo in giro. Comprato un buon soprabito per nove dollari.
Napoli è lo sguardo materno della Madonna del Divino Amore di Raffaello, ma anche la sorpresa per la gioia trattenuta della gente comune che festeggia il Carnevale. Melville descrive lo spirito del luogo che contagia e che immortalerà nei versi di Napoli ai tempi di Re Bomba (come viene soprannominato Ferdinando II).
Giocolieri in una strada stretta. Hanno bloccato la via. Balconi con donne. Un panno sul selciato. Dopo una naturale riluttanza ci hanno dato strada. Uno spasso. Mi son voltato indietro e ho reso il più grato e grazioso inchino di cui sono stato capace. Dai balconi mi hanno sventolato fazzoletti. Grida di simpatia. Mi son sentito più orgoglioso di un imperatore.
La Napoli di Melville
Le pagine successive registrano anche le contraddizioni continue della città che sembra non curarsi dei cannoni puntati verso terra a sedare ribellioni, dei soldati e delle armi.
Pranzo e passeggiata nella strada di Toledo. Grande folla. Riesce difficile vedere la differenza da Broadway. Mi sembrava d’esser lì. I caffè erano pieni.
Molti banchi lotto. Tutti con un tabernacolo della Madonna e del Bambino, illuminati – decorazione a buon mercato. Riflessioni curiose.
La religione che apre la via alla corruzione.
Ma lui non si fa tentare:
A casa alle nove e a letto.
Melville e la lite con il vetturino
Melville non è estraneo ai guai del viaggiatore comune. Come a un contemporaneo capita di discutere con il conducente di un taxi sulla tariffa, lui registra un diverbio con il vetturino. Cosa piuttosto comune per l’epoca stando alle fonti.
Sul diario troviamo scritto:
In carrozza al Cafè d’Europe per un pranzo a buon mercato. Lite col vetturino.
E poi i problemi burocratici, altra piaga dell’epoca:
Uscendo la mattina dalla camera sono stato affrontato da un uomo con un documento, che parlava ininterrottamente. Un commissario.
Deve ricorrere alla cortesia di un altro ospite dell’albergo che gli fa da traduttore. Il problema è il passaporto, viene a sapere, e più tardi registra:
Pagato un napoleone per mettere il passaporto in regola.
Il viaggio in Italia di Herman Melville
Poi il viaggio prosegue: Roma, Pisa e Firenze, Bologna, Ferrara e Padova, Venezia, Milano, Novara e Torino. Infine Genova. Ma Napoli gli resta nel cuore.
La sente fin dall’approdo del battello. E la racconta con il tocco del grande maestro della letteratura internazionale, in quella che è una dichiarazione d’amore senza pari.
Descrisse Napoli come “la più gaia città del mondo”.
Sulle coste occidentali dell’Italia c’è una baia. Montagne in fiamme. Considerare la mostruosa assenza di rimorsi nella natura – le distruzioni della guerra – città bruciata … Si penserebbe, invero, che gli abitanti di qualsiasi città moderna costruita in questi luoghi debbano essere intristiti dalla vista di queste cose. Ma no.
È la più gaia città del mondo. Non ci sono equipaggi più splendidi di questi, né beltà più altezzose … “Lasciateci mangiare, bere e stare allegri perché domani dovremo morire” – questo sembra essere l’insegnamento che i napoletani hanno tratto dallo scenario in cui vivono.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Herman Melville a Napoli: “Amo più Pompei di Parigi”
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