Ho scelto di vivere all’inferno
- Autore: Simone Di Meo
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
“Nessuna ortodossia può essere perfetta”: Calvino se n’era accorto, ma il mondo occidentale stenta a rendersene conto di fronte all’atteggiamento ambiguo dei sauditi nei confronti della nostra cultura progressista. Dopo aver denunciato l’orrore dell’Isis, con la testimonianza di una ex miliziana per amore (in “Soldatessa del Califfato”, Imprimatur, 2015), il napoletano Simone Di Meo fa parlare questa volta il marito, un foreign fighter. Ed è nato “Ho scelto di vivere all’inferno. Confessioni di un terrorista dell’Isis” un duro libro-inchiesta, sempre per Imprimatur (novembre 2016, pp. 144, euro 15,00), la storia di un giovane tunisino, Bechir, un calciatore – anche della Nazionale del suo Paese – convertito all’Islam radicale ed entrato volontariamente tra i tagliagole dell’Is.
A fissare una volta per tutte le coordinate del fanatismo, è il politologo e saggista Edward Luttwak, in una prefazione quanto mai severa con l’Arabia Saudita.
L’Islamic State o Daesh è una creatura ultra ortodossa del sunnismo wahhabita, la religione di stato dei sauditi e di altri Emirati, oltre che l’ideologia dei talebani e di Al Qaeda. È quindi un volto autentico dell’Islam, sebbene questo venga compulsivamente confutato dai musulmani (“Non è il vero Islam”, ripetono come un mantra). Infatti negarlo è funzionale al doppio gioco saudita e vale come alibi anche per l’Occidente, che mantiene rapporti diplomatici, economici e militari con un Paese in cui le bambine vengono regolarmente sposate da adulti e anziani, in cui celebrare una messa o assistervi comporta
“l’arresto, percosse, la deportazione”, in cui “la Sharia viene mantenuta con la sciabola e le decapitazioni”
osserva Luttwak.
Da questo, sostiene, deriva il valore del libro, che sconfessa ipocrisie e bugie e smaschera il fenomeno che ha attratto decine di migliaia di giovani mussulmani nei territori controllati dallo Stato Islamico, la cui riconquista può solo scatenare in Europa i superstiti, che vi ritorneranno “per le solite vie migratorie”.
Bechir aveva rinunciato a laurearsi in turismo e piangeva di gioia indossando la maglia della Nazionale tunisina. Perché mesi dopo ha scelto di andare all’inferno? A ventisette anni, nel 2014, ha sacrificato la carriera di calciatore professionista per arruolarsi nell’Is, disertando poi nel 2016, disgustato da quanto era stato costretto a fare e a vedere.
Simone Di Meo è riuscito a contattarlo e a superare la sua giustificata reticenza. Non si fidava di nessuno, men che mai di un giornalista sconosciuto che lo chiama via Skype. A convincerlo ad accettare di rivelare la sua storia è stata la moglie, soggetto del libro che Di Meo aveva pubblicato giusto un anno prima.
“Uscita da poco dalle malebolge islamiste”, Aicha ha saputo “guidarlo, incoraggiarlo”.
“Lentamente”, Bechir
“ha cominciato a prendere confidenza e a vivere quest’esperienza editoriale come l’occasione per un autentico esame di coscienza ad alta voce, parlando in prima persona”.
Non ha che seguirne il racconto di Bechir chi vorrà compiere un viaggio nell’orrore provocato dal fanatismo: lapidazioni, decapitazioni, stupri, attentati kamikaze, corruzione, traffico di droga.
Se i sogni di islamizzazione del mondo covati dai radicali dovessero realizzarsi, chi avrebbe la peggio sono le europee e le occidentali non musulmane. In tutto il Medio Oriente nascere donna è quasi una dannazione, spiega il giovane tunisino. Una moglie che non riesce a dare un erede al marito viene umiliata, emarginata. Due o tre figlie femmine sono sufficienti per i lavori domestici, per sgobbare in casa e ammazzarsi di fatica, se ne arriva un’altra è una disgrazia e se ne sbarazzano. L’uomo detiene il potere assoluto. È il capofamiglia a possedere tutto, a comandare su tutti: decide chi può mangiare alla sua tavola, tortura finanche il suo stesso sangue, se lo ritiene. Le donne sono esseri inferiori, poco più che schiave. La Sharia è implacabile: un marito che tradisce è punito con una multa, ma un’adultera viene lapidata.
Oggi è in atto una vera dissonanza cognitiva (come la definisce Luttwak) dell’Occidente nei confronti di tutti gli stati islamici, ai quali viene permesso di violare ogni giorno le libertà individuali, mentre dovremmo batterci perché si decidano a rispettare l’etica e i diritti universali degli uomini e delle donne.
La verità, che costa vite umane innocenti negli attentati, è che lo Stato Islamico non è circoscritto al Medio Oriente, ma è diffuso in tutto il mondo ed esporta un’ideologia che scatena episodi di estrema violenza, anche nelle Filippine, in Thailandia, nel Bangladesh, Paesi nei quali non vale la favola dell’occidentale prevaricatore: non sono mai stati invasi da Bush e mai coinvolti in supposti complotti petroliferi.
Uno spettro si aggira per il mondo, è lo spettro dell’Islamismo, che vuole cancellare le nostre conquiste sociali e la democrazia, sostituendole con la medioevale Sharia. Nessuno in Occidente contrasta questo progetto. E sarà tanto peggio per noi.
Ho scelto di andare a vivere all'inferno. Confessioni di un terrorista dell'Isis
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