Hotel Madridda
- Autore: Grazia Verasani
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2024
Chissà perché abbiamo, non tutti i lettori fortunatamente, la predilezione per i libri cattivi, senza speranze, con storie di disumanità e di disprezzo verso la vita.
Come accade nel romanzo di Grazia Verasani dal titolo Hotel Madridda (Marsilio, 2024).
L’incipit è una lettera che una signora di nome Selma, di settantadue anni, scrive alla sorella Ida. Scrive che nel posto in cui sta, Balanskaja - Madridda, il cielo è sempre marrone, fa un freddo “balcanico” e c’è solo una stufetta elettrica per scaldarsi; inoltre il mangiare non sa di niente, fa schifo.
Nella lettera Selma afferma che morirà sicuramente in quel posto, che non tornerà mai più a casa e il suo bisogno di andare avanti è solo perché un giorno bruttissimo da vivi è meglio del niente e della morte. Dunque Selma non solo non è religiosa, ma sembra credere soltanto all’istinto di sopravvivenza. E l’autrice del romanzo ha una sapienza letteraria notevole, riesce a creare una narrazione in bilico tra presente, passato e futuro dalla sfumatura quasi onirica.
Selma è una donna estenuata, che ha scritto a lungo per un giornale per pochi soldi, soltanto per paura di perdere il lavoro o di non avere il talento per fare un articolo decente. Già prima di questa guerra di cui scrive, c’era materiale per descrivere quanto questo imprecisato paese stava cambiando. Lei può vedere l’hotel Madridda, da dove, una quarantina, pare, di ragazzi e ragazze si buttano nel vuoto perché non riescono più a vivere.
Mentre Selma cerca un gatto spelacchiato si accorge che nel suo piccolo appartamento spoglio e vuoto è entrato un ragazzo di ventuno anni, di nome Tino, anche lui attratto dal volo a schianto dal decimo piano dell’Hotel Madridda.
Il sarcasmo di Selma ha sacche di sentimentalismo “andate a male”, quindi non ci pensa proprio a denunciare Tino; ma non capisce questo bisogno di morire al Madridda, se è esibizionismo o solamente stanchezza di vivere in un paese dove si è costantemente sotto tiro.
Peraltro questa città da dove il ragazzo è fuggito si chiama Trina e il partito politico che detiene tutto il potere si chiama “Deima”.
Inutile dire che le persone con più problemi sono i creativi: maestri di musica, professori, attrici, persone che in vario modo si possono definire “artisti”.
Tino non parla molto all’inizio, Selma lo mette in soggezione con le sue domande dirette, che sono autentiche, la donna non fa inutile conversazione, è stufa delle parole correnti, delle delazioni, dei misteri e a brutto muso, chiede a Tino dove è la carica eversiva che ogni giovane possiede se il gesto più rivoluzionario che sa compiere è quello di arrivare al decimo piano dell’hotel Madridda e poi buttarsi di sotto.
Selma non vede altro che rassegnazione con effetto teatrale, la vita negata, e ricorda la madre che viveva di piccoli gesti, metteva sempre la mano davanti alla bocca per ridere, perché aveva i denti storti davanti. Si era felici all’epoca per piccole cose, perché c’era una serenità nel cuore delle persone, mentre ora i giovani vivono come automi, come se fosse scoppiata da qualche parte una bomba nucleare.
Ma il ragazzo torna utile per conoscere i vicini di casa, che vivono in veri e propri appartamenti, arredati e più caldi della casa di Selma, che ha fatto la sua piccola rivoluzione, riducendo il suo appartamento a una specie di topaia.
Si viene a sapere che una famosa attrice vive nel terzo blocco e ha delle stanze migliori. È l’amante del direttore del terzo blocco. Ma la vita dell’attrice è facile fino a quando non ammazzano l’amante. A quel punto lei nuda, in un freddo polare, viene fucilata.
Ho parlato poco di Selma, ma perché lei è racchiusa in ogni pagina attraverso la sua voce. Grazia Verasani non rinuncia nemmeno in questo libro a una scrittura ferma, solida, dove non c’è posto per i piagnistei.
Credo sia la prima volta in cui l’autrice miscela, con ottimi risultati, la vita di una donna e la politica sottesa in ogni pagina. Ma è un romanzo o un sogno?
La scrittrice si diverte a sparigliare le carte in tavola, a insinuare dubbi, a scrivere in in modo che non si capisce bene il tempo di questa vita bloccata. Ma la donna, Selma, resta uno dei personaggi migliori fra tutti i suoi libri - e sono tanti.
È una rivoluzionaria in pantofole, ne ha viste tante, il suo sarcasmo la blocca perché alla fine tutto le pare ridicolo e insensato.
Un romanzo breve, agile, scritto con un’attenzione ai dettagli per non dire al lettore, difficile dire se parli del prossimo futuro o è già domani o forse ieri.
Bellissimo, emozionante.
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