I Milionari. Ascesa e declino dei signori di Secondigliano
- Autore: Luigi Alberto Cannavale e Giacomo Gensini
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2011
Luigi Alberto Cannavale, pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, e Giacomo Gensini, ex poliziotto, ricostruiscono la storia del clan Di Lauro, una delle più potenti cosche camorriste degli ultimi vent’anni.
Ma nel farlo costruiscono un romanzo, creando nel lettore pathos ed emozioni, curiosità ed attese, limitandosi al racconto dei fatti, senza mai intervenire con giudizi o emozioni manifeste.
Scrittura chiara, esplicita, senza camuffi o esitazioni, per raccontare quello che chiaro non è, se non nelle sue esplicitazioni, nel sangue che lascia sulle strade o nello sbigottimento negli occhi della gente, attonita di fronte a tanta barbarie.
Delitti, raggiri, tradimento fra amici e fratelli, vendette covate sotto a un sorriso e perpetrate dalla stessa mano che ha stretto l’altra poco prima, o addirittura nell’istante stesso in cui tutto si compie.
Racconti di mafia, racconti di vita, racconti di morte si dipanano con naturalezza, come il fluire dei giorni in un’esistenza quotidiana.
I personaggi principali si rivelano sin da bambini, in un contesto sereno, anche se con le frequenti difficoltà che spesso la vita pone.
Una famiglia per bene, un padre lavoratore con la passione per il cinema, al punto da battezzare i suoi figli col nome degli attori più amati. Una casa di famiglia che lascia ricordi luminosi, assieme alla sala cinematografica, fatiscente eppur piena di vita e di arte.
I primi ricordi del protagonista fanno pensare a “Cinema Paradiso”, alla magia creata dallo srotolarsi della pellicola davanti agli occhi di un bambino incredulo. Ma diverse saranno le pellicole di cui quel bambino sarà poi spettatore e delle quali, crescendo, diverrà anche protagonista.
La morte del padre, proprio nella sala di proiezione di quel cinema, darà l’avvio a ben altre storie, fatte di stenti, privazioni, rancori, soprusi e delitti.
Il dolore e le umiliazioni di una madre, senza più risorse se non i propri figli, saranno l’incipit per nuovi scenari, ben lontani da quel cinema, che da paradiso si trasforma velocemente in inferno.
I ragazzi scoprono guadagni facili, abbandonano la scuola per trovare nuovi maestri, dai quali imparano presto, a sopravvivere prima, ad arricchirsi ed imporsi, subito dopo.
Intelligenti, uniti, pazienti, sapranno crearsi patrimoni consistenti e manifesto rispetto da parte dei più, sino a diventare capi rispettati e temuti.
Ed è attraverso i ricordi del “Sicco”, il terzogenito, che il lettore ripercorre gli ultimi trent’anni di Camorra a Secondigliano. E’ ora solo, isolato dalla famiglia e dai compagni, nascosto in un rifugio per sfuggire all’arresto, e ha tempo, quindi, per ritornare al passato, per riguardare il film da lui stesso interpretato, ricreando immagini di violenza inaudita, che incredibilmente si intrecciano, a volte, alla tenerezza e all’orgoglio del marito e del padre.
L’uomo sempre elegante e distinto, memore dei suggerimenti paterni riguardo l’importanza dell’eleganza e del portamento, il marito innamorato e sempre rispettoso del desiderio della moglie di rimanere fuori dal mondo corrotto di lui. Lei, Rosaria, figura singolare, che vive, assieme ai figli, una vita “pulita”, fatta di studio, lavoro, rispetto, chiusa nella sua casa, in un mondo irreale, in cui l’uomo che ama, marito e padre, è ben distinto dall’uomo che è fuori. Il fratello presente e affezionato, rispettoso dei più grandi e attento ai più piccoli. Il padre amorevole, che non dimentica gli altri bambini, per i quali fa costruire giostre e giardini, per ricompensarli di quanto lui e quelli come lui hanno tolto, in sicurezza e stile di vita, agli stessi bambini.
Sicco e il suo nuovo senso di vergogna, di rabbia e forse di impotenza. Sicco, che scrive poesie.
E attorno a lui, con lui o contro di lui, uomini duri, spietati, con uno strano senso dell’onore e del rispetto, uomini dai nervi d’acciaio, che sanno dominare paura e smarrimento con la forza della mente, unico antidoto al terrore, alla rabbia, alla coscienza di non essere eternamente potenti.
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