I baffi
- Autore: Emmanuel Carrère
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2020
Un architetto dalla barba bluastra, irsuta. Deve radersi due volte al giorno, per tenerla a bada. I baffi neri che gli adombrano il labbro sono infatti la sola concessione alla peluria che l’uomo si concede.
Come tutti i terrori, anche il terrore de I baffi di Emmanuel Carrère (Adelphi 2020, traduzione di M. Balmelli) comincia in sordina. Meglio ancora, comincia in modo quasi banale: davanti allo specchio del bagno, una mattina che sembra una mattina qualsiasi.
Che ne diresti se li tagliassi?, la butta lì alla moglie, l’architetto. La donna non dà peso alla cosa e non commenta più di tanto.
Dal dire al fare, e da quest’incipit in apparenza innocuo alla fine bunueliana del romanzo, ci passeranno Pirandello (Uno, nessuno e centomila), Gogol (Il naso), in parte Kafka (La metamorfosi) e tutto Philip K. Dick, che Emmanuel Carrère ha peraltro biografato in Io sono vivo, voi siete morti.
Il taglio dei baffi diventa di fatto un atto di evirazione identitaria. L’inizio di uno slittamento progressivo verso una realtà duale, doppio-riflesso di quella paranoide del protagonista e quella di un mondo che sembrerebbe contraddirla di continuo. Nessuno sembra aver fatto caso ai mustacchi perduti dell’architetto, per il semplice fatto agghiacciante che l’architetto i mustacchi non li ha mai portati. Lo afferma la moglie devota (in apparenza). Lo affermano gli amici. Lo affermano persino i colleghi di ufficio.
È dunque da un pretesto da nulla, un pretesto quasi ilare, che Emmanuel Carrère comincia a dispiegare una tela narrativa sempre più intricata, che irretisce e spaesa di continuo protagonista e lettore, impediti a discernere tra verità e illusione.
L’affannoso frugare nella spazzatura dell’architetto, nel tentativo di recuperare i residui dei suoi baffi, viene a caricarsi di connotati aggiunti: attraverso il simbolico sovrapporsi di due lame, la forbice indirizza il romanzo verso un piano surreale senza soluzione di continuità. Una realtà parallela che introduce a interrogativi sfrangiati, ma dalla portata grande così: stiamo davvero assistendo a un complotto ai danni del malcapitato architetto? Si tratta di uno scherzo di pessimo gusto (uno di quelli in cui Agnès è peraltro specialista)? Chi ha ragione e chi ha torto, in definitiva? E ancora, il reiterato tormentone dickiano, il quesito ontologico più ontologico di tutti: esiste una verità oggettiva, o si è piuttosto fantocci in balia di direttori occulti?
Nella puntualissima traduzione di Maurizia Balmelli, I baffi rivela insomma la vocazione noir psicologico di Carrère, che prima scherza, quindi artiglia il lettore come il gatto col topo. L’insieme è labirintico, intrigante e ben riuscito.
I baffi
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