I cani della pioggia
- Autore: Tullio Avoledo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2023
Chi conosce alcuni dei libri di Tullio Avoledo sa che bisogna avere stomaco forte e interesse ad una realtà violenta, sconvolgente, sopportando un linguaggio duro/volgare, perché l’autore non risparmia al lettore pagine davvero molto crude.
Dopo la storia raccontata nel precedente Come navi nella notte (Marsilio 2021), seguiamo lo scrittore di gialli Marco Ferrari alla ricerca della sua compagna tedesca Magda; fotografa in zone di guerra, la donna è stata rapita e di lei resta la voce di una telefonata interrotta.
Marco è deciso a ritrovarla, anche se l’invasione russa dell’Ucraina, non consente molto margine di manovra all’ex poliziotto. Si rivolge allora ad una suo parente, personaggio losco, che lo aiuta indicandogli l’unica persona che potrebbe condurlo, forse, in piena zona di guerra, a rintracciare la compagna, che sembra sia ancora viva, sebbene prigioniera di qualche gruppo terroristico, dei tanti che si aggirano sui campi di battaglia di quella guerra di cui le notizie che arrivano sui media italiani sono alquanto scarse, frammentarie, imprecise. Tullio Avoledo si cimenta nel racconto di un territorio martoriato, dove la violenza è senza regole e senza confini, e nel quale la coppia di Marco Ferrari e Sergio Stokar, italiano anche lui ex poliziotto, ma con una vita segnata da violenze inaudite vissute in vari fronti di guerra nell’Europa dell’Est, tra Serbi, Ucraini, Russi, servizi segreti, infiltrati in Ong che dovrebbero portare soccorso ai civili ma che invece, scopriremo leggendo, fanno affari orribili scambiando bambini, droga, armi, in un gioco al massacro in cui non si capisce mai chi sono i buoni e chi i cattivi, chi le vittime e chi i carnefici. Linguaggio durissimo, armi sempre pronte, uccisioni a freddo di uomini infreddoliti, sgomenti, pronti a tutto, attraversano le pagine di un romanzo-verità le cui logiche fanno male.
I villaggi ucraini ridotti in cenere, le carcasse dei carri armati fumanti, i cadaveri abbandonati, le case sventrate, le trincee che ricordano quelle della Prima guerra mondiale, dove si muore di ferite non curate e di stenti, ci pongono davanti a una guerra crudele che è uguale a quelle del secolo scorso; i russi sembrano poveri, male armati, indecisi nella loro strategia, inutilmente crudeli. Stokar invece è decisamente dalla parte degli ucraini, gli aggrediti, e mentre aiuta Marco Ferrari nella difficile impresa di ritrovare Magda, conduce una sua battaglia personale per una sorta di giustizia, un po’ primordiale, che gli consenta di rimanere dalla parte giusta, anche se è molto difficile davvero capire quale sia.
In molti dialoghi del romanzo emergono alcune affermazioni che cercano di dar conto della realtà descritta. Ecco uno stralcio di conversazione tra Marco e la tenente ucraina Polina:
La guerra è guerra. E non è mai pulita. Ci sono mele marce da entrambe le parti. Ho visto una squadra russa sacrificarsi per raccogliere un compagno ferito……”, dice Marco: “Quello non è stato eroismo. È stata stupidità. Impreparazione . Il cecchino ha ferito deliberatamente a una gamba l’ultimo soldato della fila. Così gli altri sono tornati per cercare di portarlo via, e il nostro uomo li ha abbattuti uno dopo l’altro”.
Nell’ultima parte del romanzo, quando finalmente Magda è stata ritrovata, al terzetto si aggiunge anche Leyla Schneider, la rappresentante della Ong che forse fa il doppio gioco, e insieme cercano di raggiungere la libertà, attraversando una linea del fronte che non si sa mai dove sia.
Incontriamo Serbi, Ceceni, zingari, mercenari, doppiogiochisti, corrotti, disertori, sedici assassini, anime belle, in una mescolanza di lingue, di umori, odori, pulsioni, degrado morale che spaventa.
Il finale distopico del romanzo ci riporta alla fantasia, ai sogni che vorrebbero riportare la pace in quelle terre distrutte. Sarà così?
La letteratura ci aiuta nella speranza di un radicale cambiamento di scenario. Tutto finisce, sembra suggerire l’autore.
Siamo come cani nella pioggia. La pioggia ha lavato via le nostre impronte, il nostro odore. Così camminiamo senza meta. Ci muoviamo nel nulla, senza una direzione. Siamo come cani nella pioggia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I cani della pioggia
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