I fantasmi di pietra
- Autore: Mauro Corona
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
Fra i nomi che risuonano nella nostra memoria, spesso però senza essere associati a immagini precise, c’è sicuramente il Vajont. Un nome che richiama subito alla mente la parola "tragedia": molti, però, si fermano lì, o vanno poco oltre. Invece sarebbe necessario soffermarsi su questo episodio oscuro e triste della nostra storia, nel quale l’incuria di chi contrabbandava per "progresso" quella che era solo sete di denaro e potere ha cancellato interi paesi, con un bilancio, in termini di perdite di vite umane, semplicemente spaventoso, considerando il contesto. Come spesso succede, però, decine di articoli e programmi televisivi nei quali si sviscera l’aspetto "nozionistico" di quanto è accaduto non hanno la stessa forza di coinvolgimento e di suggestione che può creare un racconto.
Parlo di racconto e non di romanzo, perché, malgrado quello che viene indicato in copertina, questo libro non si può configurare come un romanzo per la mancanza di trama e di continuità fra i vari episodi. I personaggi, innumerevoli, non sono altro che gli abitanti di Erto, paese natale dello scrittore e uno dei paesi che, il 9 Ottobre 1963, furono letteralmente spazzati via dalla tragedia del Vajont. La narrazione si compone di episodi della vita di queste persone, alcune perite nella tragedia, altre sopravvissute. A fare da triste "fil rouge" tra le varie storie c’è sempre lui, il Vajont, e quella maledetta notte autunnale nella quale, da amico e alleato, divenne temibile nemico.
Il libro è una passeggiata attraverso quattro stagioni, ma soprattutto attraverso le rovine e la memoria del paese vecchio di Erto, sottostante a quello nuovo, costruito dopo la tragedia, senza calore né anima, freddo come architettura e come cuore, un paese che Corona non sente proprio. Al suono dei passi che lo scrittore muove lungo le strade, i ricordi di chi aveva abitato quelle case ormai distrutte, degli avventori delle osterie chiuse, dei bambini che giocavano sul sagrato della chiesa, si risvegliano nella sua mente. Personaggi reali si confondono con altri di fantasia, con leggende, dicerie, credenze popolari spesso cruente. Non è però importante distinguere il vero dal falso, quando tutto questo racconto serve in ogni caso a restituirci l’anima vera di un paese ferito nel profondo, fortemente offeso, al quale resta solo un filo di speranza costituito da qualcuno che, un giorno, abbia voglia di ripopolare le sue case, le sue strade e le sue piazze di nuova vita.
Malgrado, però, l’estremo interesse del tema e l’originalità dello svolgimento, lo stile della scrittura, come già rilevato nell’ultimo "La fine del mondo storto", non risulta più di tanto coinvolgente. I personaggi, più che "vivi", appaiono evocati da qualche chiacchiera da osteria fra amici, in più o meno brevi aneddoti che non ci permettono di andare a gran che a fondo delle storie. Questo, unito al gran numero di personaggi (vi si descrive, dopotutto, un intero paese, per quanto piccolo), contribuisce a togliere scorrevolezza alla narrazione. Per contro, bisogna dire che, dalla scrittura di Corona, trapela tutto il suo amore per il suo paese e la sua gente, e non vi è traccia delle fastidiose "ripicche personali" che sono invece evidenti nell’ultimo libro. Mauro Corona è capace di usare un linguaggio crudo così come di regalare momenti di pura poesia. Una passeggiata con lui può risultare un poco faticosa, ma arricchirà sicuramente chi si sentirà in grado di affrontarla.
I fantasmi di pietra
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