I miei sogni mi appartengono
- Autore: Mary Shelley
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2015
Lettere della donna che reinventò la paura è il sottotitolo del libro I miei sogni mi appartengono (L’Orma, 2015, introduzione, traduzione e note biografiche a cura di Marco Federici Solari), di Mary Shelley, nata Mary Wollstonecraft Godwin (Londra, 30 agosto 1797 – Londra, 1º febbraio 1851), che contiene l’epistolario finora inedito in Italia dell’autrice di Frankenstein (1818), pubblicato nella collana I Pacchetti edita da L’orma, volumi che si possono affrancare e spedire per posta.
“Londra, 3 novembre 1814. Ti vedrò domani, amore mio e se avrai trovato i soldi (e davvero li devi ottenere), sfideremo i nemici e gli amici (che a quanto sembra sono uno peggio dell’altro) e non ci lasceremo più! Che delizia di frase! Rallegrerà i miei sogni. […]. La tua Mary che ti ama teneramente”.
Con queste parole la “scrittrice straordinaria”, saggista e biografa inglese, figlia di Mary Wollstonecraft e di William Godwin, scriveva a Percy Bysshe Shelley (1792-1822), “il sommo poeta dalla personalità focosa e indocile” il quale era già sposato con Harriet Westbrook dalla quale aveva avuto una figlia. Solamente due anni dopo i due amanti sarebbero fuggiti insieme alla sorellastra di Mary, Jane Clairmont, detta Claire, alla volta del continente. P. B. aveva giurato eterno amore a Mary sulla tomba della madre della sua innamorata, Mary Wollstonecraft, morta dodici giorni dopo aver messa al mondo Mary e autrice di A Vindication of the Rights of Woman, unanimamente riconosciuta come un’antesignana del pensiero del movimento per l’emancipazione della donna. La piccola Mary era cresciuta condizionata dalla ricca e dotta educazione ricevuta dal padre, che aveva sposato in seconde nozze la sua vicina di casa Mary Jane Clairmont. Le missive contengono la movimentata esistenza e soprattutto la giovinezza straordinaria della scrivente da lei stessa definita “più romantica di qualunque fantasia romanzesca”, la quale a diciassette anni per la prima volta esce da casa, abbandonando un padre filosofo libertario geniale squattrinato e una matrigna odiatissima. Questa fuga sarebbe stato l’inizio di un’esistenza irrequieta e intensa insieme a compagni di viaggio del calibro di John Keats, Lord Byron, un’esistenza che sarebbe divenuta presto leggenda.
“Un’epopea della giovinezza che sarà modello, paradigma e monito per innumerevoli generazioni future”
come scrive Federici Solari nell’Introduzione del volume. Ma questa epopea non fu priva di drammi e il lettore lo scopre leggendo le lettere di Mary: malattie, lutti (dei figli morti in tenera età sarebbe sopravvissuto ai genitori solo Percy Florence, il suicidio della moglie di Shelley e quello della sorellastra di Mary), le difficoltà quotidiane. Inoltre l’8 luglio 1822 lo stesso Shelley sarebbe annegato durante una traversata in barca nel Golfo di La Spezia insieme all’amico Edward Williams.
“Sul palcoscenico della mia esistenza è calato il sipario e nessun piacere accompagna la ricostruzione delle scene che hanno preceduto l’evento che ha infranto ogni mia speranza”
scrive il 15 agosto 1822 Mary Shelley a Pisa all’amica Maria Gisborne. Mary Shelley era consapevole di possedere ambizioni esistenziali e talenti letterari in una società maschilista che aveva confinato la scrittura delle donne “perlopiù nel ristretto campo d’azione dello sfogo epistolare”. All’interno di quella “cerchia di eletti” che segnò una tappa memorabile nella storia della poesia, la nostra eroina trasse l’ispirazione per scrivere il suo capolavoro Frankenstein. Il 1816 venne ricordato come “l’anno senza estate”, causato dall’eruzione del vulcano Tambora in Indonesia. Nella villa Diodati affittata da Lord Byron, luogo mitico svizzero sulle rive del lago Lemano, al termine di una serata di tempesta trascorsa a leggere ad alta voce storie di fantasmi tedesche, l’ospite sfidò Percy, Mary, Claire e John Polidori, medico personale di Byron, a scrivere una novella sul modello di quelle appena declamate.
“Chi avesse scritto il racconto più spaventoso avrebbe vinto”.
Da una sfida nata per caso sarebbe scaturito il romanzo simbolo e originario di tutta la letteratura di genere fantascientifico.
“Ginevra, 17 maggio 1816. Qui non frequentiamo nessuno e ci teniamo fuori dalla società, ma il tempo vola che è un piacere”.
I miei sogni mi appartengono. Lettere della donna che reinventò la paura
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