I samurai
- Autore: Wolfgang Schwentker
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2022
Fuori dal Giappone il mondo li conosce come samurai, ma nelle isole del Sol Levante sono chiamati preferibilmente bushi, un termine che esalta la natura guerriera della casta feudale nipponica tanto nota. In un breve saggio del prof. Wolfgang Schwentker, apprendiamo tutto della storia, della tradizione, dell’epopea millenaria e dei valori tanto diversi dai nostri. I samurai è il titolo del volumetto, pubblicato nella primavera 2022 (il Mulino, collana Universale Paperbacks, 168 pagine) dal docente dell’Università di Osaka. Insegna storia comparata della cultura e delle idee nell’Istituto per lo studio delle civiltà.
Si diceva del termine, tanto popolare all’estero. Non tutti quelli che vengono generalmente indicati come samurai lo erano nel senso stretto della parola. Il docente autore sottolinea che li si può “incontrare” come shogun, il rappresentante del potere politico più alto, anche daimyo, i suoi vassalli più importanti e capi nelle province, karo, il più anziano della casa e sostituto di un daimyo, infine ronin, guerrieri privi di signore. Il nome che in Giappone accomuna tutti questi personaggi (e molti altri ancora) è quindi bushi, uomo d’arme, da cui deriva l’antica ideologia del bushido (la via del guerriero). Samurai è stato introdotto nel tardo periodo Edo-Tokugawa (XVII-XIX secolo) e originariamente non aveva un significato esclusivamente militare: da riferirsi a un servitore è passato al guerriero di mestiere al servizio della nobiltà.
Le vicende di queste figure leggendarie nella società e nella cultura nipponica partono dai primi del V-VI secolo per arrivare all’abolizione formale dei samurai come classe sociale, dopo la Restaurazione Meiji del 1868. Alla scomparsa della élite guerriera, i valori del bushido sono però sopravvissuti nella politica e nell’economia del Giappone moderno. Si è cercato di reinterpretare gli ideali dei samurai e di conformare l’agire degli uomini ai vecchi principi, anche in attività non militari e nelle professioni di rilievo. L’esempio è offerto dai capitani d’industria.
In Giappone, ogni bambino conosce nei particolari la storia dei 47 samurai senza padrone (ronin). Schwentker ne fa la base della sua ricerca, che ricostruisce in breve la comparsa, lo sviluppo e il declino della casta guerriera, nell’arco di oltre mille anni.
Nel quartiere Shinagawa di Tokyo, in un’altura alle spalle del tempio Sengaku (fatto edificare nei primi del 1600 da Tokugawa Ieyasu, fondatore dello shogunato della prima età moderna), molti visitatori giapponesi e stranieri sono attratti da un luogo di sepoltura avvolto dal fumo d’innumerevoli bastoncini d’incenso. Vi si trovano i resti mortali dei 47 ronin, la cui epica rappresenta la quintessenza del bushido. Sono i samurai che nel 1702 ristabilirono l’onore del loro signore e accettarono di punirsi con la morte.
Il daimyo di Ako, Asano Naganori, offeso in pubblico dal cerimoniere Kira Yoshinaka, aveva sguainato la spada contro quel funzionario di alto rango dello shogun. Il gesto costituiva un reato gravissimo e sebbene l’aggredito fosse stato solo lievemente ferito, Asano dovette darsi subito la morte - senza processo - con il suicidio rituale, il seppuku (per noi, harakiri). I suoi possedimenti furono confiscati e i 47 guerrieri al suo servizio, ormai ronin, si dispersero apparentemente, mentre preparavano in segreto la vendetta. Irruppero di notte nella residenza di Kira e lo decapitarono, per portare la sua testa sulla tomba di Asano.
L’iniziativa venne celebrata anche oltre i confini di Edo (l’antica Tokyo), perché l’ingiusto trattamento subito dal loro padrone per volontà dello shogun la faceva sembrare legittima, ma restava pur sempre un reato. Anche i seguaci del daimyo di Ako furono costretti a togliersi la vita, due mesi dopo, tagliandosi il ventre da soli, contemporaneamente, in una cerimonia pubblica. Affrontarono consapevolmente questo destino, secondo lo spirito del samurai.
Già all’inizio del XVIII secolo, nonostante le censure del potere, la storia venne trasferita in racconti storici, xilografie e testi per il teatro delle bambole. Il massimo della popolarità derivò dal riadattamento per il teatro Kabuki. Tuttora, nei film, nei fumetti (manga) e videogiochi la vicenda esemplare continua a tramandare il coraggio, il senso dell’onore, la lealtà oltre la vita e la disponibilità al sacrificio per qualcosa o qualcuno. Valori che trovano ancora posto nel Giappone moderno. Nel 1989, lo storico della letteratura Kato Shoichi li ha fissati come espressione della coscienza di appartenere a un gruppo, di essere solidali, di rappresentare l’essenza della società giapponese.
Si deve a una ragione economica il declino della casta guerriera: nel 1700 la crisi del prezzo del riso travolse la società feudale, perché stipendi e prebende venivano calcolati sulle rendite del riso dei feudi. Come molti nobili, i samurai non ebbero scelta che indebitarsi, a Edo come dovunque. La sospensione dei crediti e altre misure alleggerirono solo provvisoriamente le esposizioni, finendo per aggravare i problemi, perché i commercianti accettavano di prestare denaro ai samurai soltanto a condizioni ancora più gravose, per una casta considerata avida e declassata.
In questa situazione, i 47, che ancora simboleggiavano valori come la moderazione e il sentimento del dovere, sembravano eroi di un mondo perduto agli spettatori del Kabuki.
I samurai
Amazon.it: 12,34 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I samurai
Lascia il tuo commento