I signori della Valle
- Autore: Lorella Fontanelli
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Dove ora c’è una valle, una volta c’era il mare, tempo e tempo fa. Poi le acque si sono ritirate ed è diventata la terra degli uomini. Da quelle parti, c’è un castello, Serravalle, che guarda la strada per Bologna, passaggio obbligato di qualsiasi percorso verso il resto dell’Europa, da Roma per Roma. Quella è anche la terra dove Lorella Fontanelli ambienta un romanzo storico, che evoca episodi del suo territorio: “I signori della Valle”, pubblicato nel 2016 dalle Edizioni Epika (294 pagine, 14.90 euro).
Epika è Lorella. Originaria di Castello di Serravalle, ha fondato nel 2010 la casa editrice che punta a valorizzare la storia e la cultura del territorio di quella parte dell’area metropolitana di Bologna. Quattro anni più avanti, il suo piccolo comune è entrato a far parte del nuovo municipio di Valsamoggia, un comune sparso di 31mila abitanti. Area ristretta, cinque piccoli centri, una grande storia comune, mediata in gran parte da quella del capoluogo.
Alle vicende dei signori di Bologna, i Bentivoglio, Fontanelli ha già dedicato uno dei suoi romanzi, “Dominus Lucis” (Epika, 2017), di stretta osservanza storico-narrativa, mentre questo aggiunge ai fatti qualche contenuto fantasy e un pizzico di giallo.
Nel raccontare di una terra sulla quale i nobili esercitavano la loro cieca avidità e brama di potere, nel descrivere una valle amena circondata da bei rilievi e resa lussureggiante da corsi d’acqua, l’autrice descrive un luogo nel quale il bosco si infittisce e sale verso la collina, il sole viene oscurato dall’intrico della vegetazione e il giorno piomba in un pauroso crepuscolo. È il regno della Solitudine, i morti vi cercano pace e commiserazione, gli uomini empi non ardiscono inoltrarsi, cavalli e cani si arrestano timorosi.
Solo i puri d’animo entrano a curo leggero.
È lì che ha cercato riparo e riflessione il cavaliere Jacopo da San Lorenzo, pieno di dubbi sul compito che gli è stato affidato, di proteggere l’imperatore Federico II nella nuova crociata in Terrasanta. Ed è lì che incontra l’eterea Signora della solitudine. Dove lei passa, il verde si spegne, tutto diventa inverno.
È il 1228, è in atto il conflitto sanguinoso tra guelfi e ghibellini. Le fazioni si scontrano, gruppi si formano, si dividono, cambiano schieramento. I confini tra Chiesa ed Impero, tra il papa e il sovrano svevo, dovrebbero essere netti, ma c’è chi li attraversa a piacimento, tradendo in segreto.
I Cuzzano, padre e figlio, sono ostili a Jacopo, che li ha umiliati, difendendo un contadino cacciatore di frodo per necessità. E poi governa il castello di Serravalle, che vorrebbero per loro, come avrebbero voluto Caterina, la figlia del Signore di Oliveto, ma la bella ragazza e la ricca dote sono andate all’odiato San Lorenzo. Sigismondo e Gandolfino sono prepotenti, rozzi, violenti con le donne. Jacopo è leale e rispettoso, alto due metri, di bell’aspetto.
L’imperatore Federico svetta ancora di più. La barba rossiccia, gli occhi accesi, penetranti. È sempre circondato da una scorta di guerrieri saraceni a lui fedeli, eppure la presenza del cavaliere Jacopo lo rassicura, sebbene nessuna precauzione potrebbe tenerlo al sicuro dai sicari. Sono in tanti a volere la sua morte ed uno è certamente il papa, spinto dalla brama di potere temporale.
Lo svevo vuole andare a Gerusalemme, ma non intende portarvi la guerra. Ci sarà un modo diverso per garantire ai cristiani di recarsi in pellegrinaggio sui luoghi santi della fede? L’imperatore rispetta la cultura antica del popolo musulmano. È convinto che con un trattato si potrà ottenere più che con le armi.
La vicenda storico-fantasy di Iacopo da San Lorenzo s’intreccia con quella della casata sveva, che interesserà il territorio bolognese. Il figlio di Federico, Enzo, dopo la sconfitta nella battaglia di Fossalta dovrà rinunciare all’avanzata dei ghibellini nel territorio controllato dal papa e resterà prigioniero a Bologna fino alla morte, in una dorata detenzione felsinea.
È un romanzo corale, sono tanti i personaggi, molti reali, gran parte immaginari. Coprono decenni diversi, uniti da un filo conduttore: la storia di Jacopo e dei suoi discendenti, incrociata a quella dei Cuzzano, dei castelli e delle valli. C’è il mistero, c’è il buio, ci sono segreti inconfessabili. Il Medioevo c’è tutto, con le ombre e le luci di un’epoca di grandi valori e di vili tradimenti.
Una freccia, oggetto più letale che sacro, diventa il simbolo della lealtà, l’icona dei sentimenti positivi. Al tempo stesso, resta uno strumento di morte, la manifestazione concreta delle maledizioni che gravano in un territorio dove prima, molto prima, c’era il mare. È stata scoccata a tradimento contro l’imperatore. È ricoperta d’oro, ma non è un gioiello, è un tramite tra il presente e il passato, è il ricordo fisico di una lezione impartita ai protagonisti di questo romanzo:
Il bene e il male sono dentro di noi, occorre solo scegliere. E scegliere bene.
Perché da una scelta dipendono anche le fortune o i mali di una grande città e della sua gente.
I signori della Valle
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