I superbi. Una donna fra amori e vendette
- Autore: Corrado Occhipinti Confalonieri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Corrado Occhipinti Confalonieri è una “penna” di valore, dimostra competenza e passione per la storia, buona conoscenza dei caratteri umani, finezza e disinvoltura nel disporre con eleganza stilistica tanto della sintassi che della grammatica. Qualità confermate nella seconda prova narrativa, I superbi. Una donna fra amori e vendette, novità nell’allestimento elegante delle Edizioni Minerva di Argelato-Bologna (febbraio 2024, collana Ritratti, 280 pagine).
Ancora un romanzo storico per l’under 60 milanese, dopo il debutto con La moglie del santo (Minerva, 2029). Nato nel 1965 sotto la Madunina, laureato in Scienze politiche con tesi in storia del Risorgimento e specializzato in diritto-economia dell’Unione Europea, è autore di saggi di divulgazione storica e articoli su argomenti medievali.
Settembre 1545, il passatempo preferito di Elisabetta sono i fiori, per questo ha deciso di chiamare la figlia Ortensia. La contessa è amorevole con le piante, con i due figli, con il marito Gianluigi Confalonieri (sì, è un antenato dell’autore).
Dopo undici anni di matrimonio manifesta ancora trasporto verso il trentaquattrenne condottiero piacentino, rientrato agitato e pensieroso dall’incontro in città con il nuovo duca di Piacenza, Pier Luigi Farnese.
L’avo conte Confalonieri e la moglie Elisabetta, castellani di Calendasco, sono tra i protagonisti di una vicenda distinta in due parti, 1545-1548 e 1555-1564, con una premessa storica indispensabile e qualche sviluppo familiare successivo, proposti da Occhipinti in un prologo e nell’appendice.
Proprio nel 1545, papa Paolo III creò un nuovo Stato, il Ducato di Piacenza e di Parma, in cambio del territorio marchigiano di Camerino acquisito dalla Chiesa.
Mise a capo di quelle ricche terre padane il primogenito dei suoi numerosi figli illegittimi, Pier Luigi. Voleva dimostrare così la parità di rango della sua famiglia con le prestigiose dinastie rinascimentali. Quanto al neo duca, era mosso dal desiderio di diventare un sovrano sul modello del principe di Machiavelli. Riteneva di poter realizzare ciò che non era risuscito all’amico Cesare Borgia (altro rampollo di un erede di Pietro), ma agendo impulsivamente con questo scopo ignorava gli inviti alla prudenza da Roma dell’anziano genitore, il pontefice, uno dei più grandi nepotisti della storia, al secolo Alessandro Farnese.
Ed è proprio il duca, figlio del papa e consuocero dell’imperatore, il problema che assilla Gianluigi Confalonieri. Già il suo ingresso a Piacenza è sembrato un’occupazione militare, più che una semplice cerimonia. Non ha nascosto severi propositi ai cappellazzi, glia aristocratici, i “magnifici” della città, riuniti per prestargli giuramento. Ha comunicato in modo sprezzante che intende revocare i loro poteri e trasferirli in mano a uomini di fiducia. Intende escluderli perfino dalla sua milizia. Sembra illogico farsi nemici i più importanti sudditi del nuovo ducato, ma Pier Luigi segue alla lettera il manuale del fiorentino Machiavelli: meglio temuti, che amati. Uno Stato si regge concentrando ogni potere ed esercitando il pugno di ferro.
Abituati al blando giogo della Chiesa, i cappellazzi piacentini sono disorientati. Gianluigi è abituato a guidare uomini sul campo di battaglia più che a muoversi in politica, ma capisce bene che dalla nomina del duca i Confalonieri non hanno niente da guadagnare. Il comando gli è stato sottratto e a questo punto dubita di poter dare una dote adeguata a Ortensia e un futuro degno a Camillo.
Viene convocato da un amico d’infanzia, il conte Anguissola di Vigolzone, che non esita a rivelargli l’intenzione di scatenare una rivolta dei nobili ed eliminare il Farnese. Vuole Gianluigi dalla parte della congiura ed usa ogni argomento possibile: ricorda le malefatte d’ogni genere di Pier Luigi, richiama l’imposizione del duca ai nobili di lasciare i castelli e andare a risiedere in città, per privarli degli armati e tenerli sotto controllo diretto.
Confalonieri è turbato, si confida con la moglie, le dice di sentirsi un uomo d’armi, di comando, ma non un assassino Certo, il duca è totalmente privo di scrupoli, commette tante crudeltà, attira l’odio.
Molto ben scritto, il romanzo scorre tra gli eventi nel Piacentino, con echi dello scenario italiano e Mediterraneo, comprese le ambizioni ottomane sull’Europa.
Soprusi, veleni, tradimenti. Si moltiplicano trame maligne più o meno segrete, in un crescendo di violenza attenuato soltanto dal sincero amore della candida e volitiva Elisabetta per il leale Gianluigi. Ma i tempi sono difficili e non si può restare in disparte a lungo. È chiaro però che assumere una posizione comporta conseguenze, accontentare gli uni vuol dire scontentare gli altri.
Il discendente fa sapere che la contessa crebbe come meglio poté i nipoti, Giovanna e Fabrizio, e probabilmente ci riuscì bene, perché da adulti furono sposi per amore e vissero una vita agiata. I suoi timori sull’occupazione musulmana dell’Europa vennero fugati il 7 ottobre 1571 dalla vittoria della Lega santa Lepanto.
Lottò tutta la vita per riportare la devozione di san Corrado a Piacenza. Nel 1577, il figlio le promise sul letto di morte che avrebbe continuato a perorare la causa del predecessore santificato, un francescano del 1300, il più famoso dei Confalonieri di Calendasco.
Il loro castello venne venduto nel 1586. La torre di Celleri andò a un ramo collaterale della famiglia, cui appartiene ancora oggi. I Farnese autorizzarono il ripristino del culto di san Corrado.
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