I trionfi di San Michele. Un Arcangelo e tre santuari
- Autore: Vincenzo Mercante
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2005
Chi può dire, oggi, di credere nell’esistenza degli angeli? Il dominio della razionalità e il materialismo hanno spodestato il mondo immaginativo e l’intuizione, dove gli angeli vivono e parlano sommessamente al cuore dell’uomo. La loro perdita ci impoverisce. Eppure nell’ambito della poesia lo spiritualista Reiner Maria Rilke ha fatto degli angeli i protagonisti delle sue Elegie, i mediatori tra noi e la divinità; Wenders ha posto queste entità sovrumane ne Il cielo sopra Berlino. Dunque dell’angelo c’è necessità e nostalgia, per poter accedere alle zone segrete dell’anima, dell’inconscio e del superconscio, alle energie che sottendono il nostro vivere.
Su questa linea va collocato e letto il saggio denso e sapido di Vincenzo Mercante I trionfi di san Michele (Edizioni Segno, 2005, p. 55).
L’autore ha insegnato letteratura nei licei triestini; scrittore, pubblicista, biblista, esperto conoscitore della cultura ebraica, possiede una visione ecumenica e con la sua attività contribuisce alla comprensione tra i popoli, diffondendo le loro culture e tenendone viva la tradizione.
Il nome Michele deriva dall’ebraico Mixaˈʔel, in greco antico Mikhaḗl, in latino Michahel e in arabo Mikhaḗl e significa "Chi come Dio"? Nella tradizione delle tre religioni monoteiste è questa la domanda che Michele e le sue schiere pongono per contrapporsi all’affermazione orgogliosa di Lucifero ("Non serviam non servirò"), contro la volontà di Dio. A ciò segue la battaglia cosmica nei cieli con la sconfitta del ribelle precipitato negli inferi; Lucifero, già "portatore di luce", diviene principe delle tenebre. Ma anche nella tradizione orientale questo arcangelo (per noi) o deva divinità (per loro) ha un ruolo scritto nel nome sanscrito Maha el, "Grande per Dio".
Il libro di Mercante racconta la storia di tre santuari a lui dedicati e la devozione popolare legata a questi luoghi santi, carichi di fascino e di forze benefiche protettrici. Le chiese sono San Michele al Gargano, la Sacra di San Michele in Val Susa e Mont Saint Michel in Bretagna. Esse
"tracciano quasi una retta ed un cammino lungo il quale le genti cristiane marceranno per rafforzare il bisogno di fede e cantare la provvidenza di un Dio che, attraverso i suoi messaggeri, impera sulla storia del cosmo".
Si tratta di una potenza cosmica di assoluta importanza, che ristabilisce la signoria divina sui nostri destini, legata all’amore e alla provvidenza. Eliminare la potenza di Dio dalla nostra vita, che secondo l’intuizione di Manzoni "affanna e consola", significa andare incontro alla nostra sconfitta; infatti la debolezza umana è nullità di fronte alla ruota del destino. Dobbiamo affidarci alla spada di Michele per affrontare il nostro dolore, le sofferenze e le prove con fede e speranza. Non siamo soli, anche nei momenti di maggiore angustia e pericolo la spada di luce di Michele è a nostra disposizione. Non si tratta di svilire o mortificare l’intelligenza umana, anzi al contrario affidarsi agli angeli e alla loro protezione mette in grado l’uomo di collaborare consapevolmente al piano generale evolutivo e della salvezza. Tale profonda visione si concretizza nell’architettura e nell’arte sacra.
Gargano in Puglia, fa sapere Mercante con una dotta indagine storica che sprofonda nel mito, è termine derivante dal monte Gargara in Frigia (attuale Turchia), da cui deriverebbero i primi insediamenti nel luogo, e la devozione ha antecedenti nel dio Mitra, a sua volta divinità indù. Interessanti queste "contaminazioni" culturali che mostrano quanto effettivamente il cattolicesimo sia universale e inglobante. Mitra offre ai suoi fedeli una bevanda che dona immortalità, assume poi nel corso del tempo caratteristiche del dio sole e di Apollo. Mitra uccide il toro sacro, assorbendone la forza. Così per analogia San Michele uccide il drago, neutralizzando e sottomettendo, assumendo le sue energie, rese innocue. Siamo di fronte a un processo di purificazione e trasformazione interiore, gestione degli istinti che, se lasciati senza guida, diverrebbero distruttivi.
Uccidere in senso simbolico non implica mai la sparizione di un contenuto psichico, ma la sua trasmutazione. La devozione a San Michele è dunque un esercizio di auto educazione e crescita psicologica.
La costruzione del tempio a Monte Sant’Angelo sul Gargano risale alla fine dell’VIII secolo. È fonte di guarigioni miracolose non spiegabili dalla scienza medica.
"Messaggero di Dio, protettore d’Israele e difensore della Chiesa, è il principe delle milizie celesti, taumaturgo e guaritore. Secondo una tradizione è proprio S. Michele a discendere nella piscina Berzaetà e agitare l’acqua provocando la guarigione al primo malato che vi si tuffava".
Fin dall’antichità sul Gargano si è praticato il rito dell’incubatio, consistente nel soggiornare nel recinto sacro, dormire e sognare i modi e i rimedi della guarigione (oniromanzia). Lo stesso accadeva a Delfi, ma pure in tutto il Medio Oriente, sul Bosforo, sulle sponde del Nilo. Quanto fascino emana tutto ciò, materiale psichico sedimentato in noi, emotivamente attivo, capace di incidere sullo stato fisico, anticipatore della moderna psicosomatica.
Anche sul Gargano la mitologia è legata all’uccisione di un toro.
Nel 650 i Longobardi (con a capo il duca di Benevento e il Vescovo di Siponto) ristrutturano il santuario e la grotta ipogeica, in ringraziamento all’arcangelo che li ha protetti in battaglia contro i Bizantini. Così l’arcangelo diviene anche protettore dei soldati. Il campanile poderoso ortogonale della chiesa è alto 40 metri e risale al 1273. L’interno della chiesa è a una navata con volte ogivali; sulla destra si apre la grotta al cui interno si trova la statua dell’arcangelo in alabastro, cinquecentesca.
"La basilica suscita emozioni di impressionante bellezza naturale ed artistica, ma è soprattutto un luogo di preghiera e di perdono. Qui San Michele richiama tutti a riconoscere il primato di Dio sugli angeli, sull’uomo, sul cosmo".
Una tradizione non documentata vede san Francesco giungere alla grotta, incidere una Tau su una pietra, simbolo dei salvati.
Lasciamo ai lettori il compito di visitare gli altri santuari, Mont Saint Michel che "ti si para innanzi da lontano con una dolcezza e una maestosità inesprimibili" e in val di Susa la basilica con i suoi meravigliosi affreschi raffiguranti le leggende. Sono tesori di spiritualità e di storia dell’Occidente, nostro patrimonio e baluardo contro il nulla di questo arido presente privo del sacro.
Avviamoci in pellegrinaggio nelle belle pagine di Vincenzo Mercante, proprio come i pellegrini medievali si spostavano con immani disagi per ottenere grazie, salute e conoscenza. I viaggi dell’anima oggi sono più agevoli in senso fisico, ma non meno ardui come conversione e illuminazione, proprio per l’ottusità e la supponenza della nostra ragione, divenuta luciferina.
Con parole significative ed esortative Mercante conclude il suo saggio, strumento di meditazione che passa attraverso la contemplazione della bellezza, aggiungendo alle sue alcune pagine di Gianfranco Ravasi, tratte da "Avvenire" (30 maggio 2095), che recitano in chiusa:
"È proprio questa figura del messaggero divino a conferire al sogno biblico la sua fisionomia decisiva, quella di essere un simbolo dell’esperienza di fede che suppone un canale di conoscenza diverso rispetto a quello razionale, per poter cogliere il trascendente ed il mistero divino".
Da sottolineare la funzione del simbolo. Qui siamo dunque in pieno territorio della psicologia del profondo junghiana, che non vuole sostituirsi alla teologia, ma avvalorarla.
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