I vichinghi
- Autore: Rudolf Simek
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2020
Vichinghi, un mito che resiste da secoli, dall’VIII dopo Cristo, quando apparvero nella storia europea: I vichinghi è il semplice titolo di un breve saggio di Rudolf Simek, docente di studi germanici nell’Università di Bonn, apparso tra i pocket dell’Universale paperbacks il Mulino a giugno 2020 (152 pagine).
Il prof. Claudio Azzara, ordinario di storia medievale nell’ateneo di Salerno, sottolinea nella presentazione che il lavoro del collega tedesco ricostruisce in una sintesi breve ma completa tanto la storia effettiva che la leggenda di quella etnia bellicosa, addirittura prevalente sulla realtà. Il mito delle gesta dei guerrieri capelluti e barbuti, tramandato dalle cronache medievali e dall’ampia letteratura sviluppata a partire dalle loro stesse saghe, è stato rielaborato “in forme in larga misura epiche”.
Simek riesce a tenere separati i piani delle vicende reali e della narrazione, mettendone in mostra i reciproci intrecci e illustrando tutti gli aspetti d’interesse della loro epopea, conquiste militari, esplorazioni geografiche, forme di organizzazione sociale e di governo, attività economiche, cultura e vita quotidiana.
Spicca la straordinaria perizia marinara: straordinaria la capacità costruttiva, innovative le tecniche di navigazione. L’imbarcazione base è stata lo strumento per eccellenza dell’espansione vichinga: i drekar o drakkar, con le fiancate basse, i caratteristici scudi rotondi a protezione dei rematori, prua e poppa identiche a tagliamare, con le svettanti grandi teste ritorte di drago, erano battelli a scafo piatto, realizzati sovrapponendo parzialmente robusti assi di fasciame. Quella conformazione offriva vantaggi indubbi. Solcavano il mare sviluppando una grande velocità e potevano approdare e salpare in acque basse senza ruotare sull’asse, perché la doppia prora favoriva le manovre di partenza, ormeggio e abbordaggio. La spinta era a remi, più avanti venne introdotta una vela quadra, utile però solo a risalire il vento. Era perfino possibile spostare via terra il natante, relativamente leggero, facendolo rotolare su travi di legno.
Li stiamo indicando come vichinghi, ma il termine risulta approssimativo. Dal norreno vikingr, significa pirata e quindi si riferisce solo a una parte della popolazione, i guerrieri che andavano per mare. Da questo gruppo prende il nome un’intera epoca, perché quando si parla genericamente di vichinghi si fa riferimento in generale alla popolazione vissuta in Scandinavia tra la fine dell’VIII e la metà dell’XI secolo. Verso la fine della loro epoca prevalse il termine normanni (nordman, uomini del nord) e cominciò ad affiancarsi la generica espressione dani (l’equivalente dell’attuale scandinavi), che però non consente di distinguere tra norvegesi, svedesi e danesi e venne diffuso soprattutto dai franchi, mentre i saccheggiatori si riferivano a se stessi come vichinghi.
In terra sassone il termine per indicarli era il tedesco eschman, non si sa se derivante dall’arco usato o dal nome germanico delle tipiche navi.
Tornando all’era vichinga, viene collocata tra due date esatte. La prima è il 793, anno dell’attacco a sorpresa di un gruppo di guerrieri scandinavi al monastero di Lindisfarne, sull’isola omonima al largo delle coste nordorientali dell’Inghilterra. La fine ha perfino una giornata precisa, nel 1066, in coincidenza con diversi avvenimenti di rilievo. Il 25 settembre, il re britannico Harold II sconfisse a Stamford Bridge l’armata del re di Norvegia Harald di Duro consiglio, vanificando l’estremo tentativo danese di mantenere il dominio sull’Inghilterra. Pochi giorni dopo, lo stesso sovrano d’Inghilterra cadrà in battaglia a Hastings, davanti all’esercito vincitore di Guglielmo il Conquistatore, altri normanni, dell’Europa continentale, Franchia settentrionale.
Nello stesso 1066, la principale città commerciale vichinga, Hedeby, nell’odierno Schleswig, venne distrutta da un esercito slavo e mai più ricostruita.
Per 273 anni, quindi, la presenza degli uomini del nord ha pesato in modo tutt’altro che marginale sulla storia di altre regioni europee (e non), che soffrirono razzie, subirono il loro stanziamento, conobbero la loro dominazione: dall’Inghilterra alla Normandia francese, dalle isole della Scozia all’Irlanda, dalla Russia alle remote terre della Groenlandia e dell’estremo nord del continente americano. Per quanto riguarda l’Italia, ebbero un ruolo di rilievo nel Mezzogiorno, nelle Due Sicilie in particolare, che videro fiorire dall’XI secolo un regno normanno politicamente significativo e culturalmente splendido.
Quali gli obiettivi dello studio del prof. Simek? Riconosce di non essersi prefisso un’apologia dell’onore dei vichinghi, né di aver voluto dimostrare (come invece sostenuto da altri) che si trattava di commercianti spinti a trasformarsi all’occorrenza in pirati. Semmai, restando in termini generali, sarebbe più giusto parlare di contadini che per sfuggire a un’economia di sussistenza precaria si davano alla pirateria, al commercio o alla ricerca di suoli più fertili da coltivare.
Si è ripromesso, invece, di ricostruire sinteticamente e col più ampio corredo di fonti gli aspetti essenziali delle tre principali direttrici d’espansione dell’era vichinga: Sudovest, Nordovest ed Est, assimilabili ai concetti di occupazione, colonizzazione e penetrazione economica.
I Vichinghi
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