Ieri
- Autore: Agota Kristof
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2016
Come tutti i libri di Agota Kristof, anche questo “Ieri” (uscito in Francia nel 1995 e da poco ripubblicato da Einaudi) rimane chiuso nell’unica dimensione del dolore e del rimpianto, in cui i personaggi si muovono senza alcuna possibilità di proiettarsi in un futuro positivo, nell’assenza totale di qualsiasi prospettiva di riscatto.
Il protagonista del romanzo è Tobias Horvath, nato e cresciuto in un paesino poverissimo, da una giovane prostituta sfruttata da tutti gli abitanti del villaggio, contadini sordidi e ottusi, e dal maestro che per prima l’ha sedotta.
“Mia madre veniva in cucina per lavarsi il sedere in un secchio, s’asciugava con uno straccio, se ne tornava a letto. Non mi parlava quasi per niente e non mi ha mai baciato”.
Il ragazzo, umiliato in casa e fuori casa, assiste impotente agli accoppiamenti della mamma, finché una notte, esasperato, arriva ad accoltellare lei e l’amante, dopo aver scoperto che quest’ultimo non era solo il suo insegnante, ma anche il padre che non aveva voluto riconoscerlo.
Tobias scappa, convinto di essere un omicida, fugge in un altro paese, cambia il suo nome in quello di Sandor Lester.
“Non avevo che un desiderio: partire, andare, morire, era uguale. Volevo allontanarmi, non tornare più, scomparire, dissolvermi nel bosco, nelle nuvole, non ricordare più, dimenticare, dimenticare”.
Tobias-Sandor arriva in un paese straniero, trova lavoro in una fabbrica di orologi, abita in un bilocale periferico, frequenta pochi disperati tra altri emigrati come lui, si ammala psichicamente. Le pagine più riuscite del racconto sono proprio queste (rese in uno stile secco, essenziale, severo), che raccontano lo squallore di un’esistenza espropriata di qualsiasi dignità e speranza.
Fornito di una nuova identità, usurpata e illegale, Sandor si trascina nella sua vita proletaria assediata da ricordi, incubi e allucinazioni, aggrappandosi a due sole illusioni, presto trasformatesi in ossessioni: l’utopia di diventare uno scrittore famoso, e il desiderio di incontrare la donna dei suoi sogni, una Line che conserva i tratti misteriosi di un incontro infantile e quelli immaginari della fantasia. E anche se improvvisamente questo fantasma si concretizza nella presenza reale e dolcissima di un amore sconvolgente e proibito, Sandor sa di doversi adattare a una quotidianità di sudditanza materiale e affettiva, rassegnato a un lavoro umiliante e ripetitivo, marito e padre abulico e disincantato, a cui solo poche immaginarie visioni colorate, sospese nell’aria, riescono a portare conforto.
Nell’odissea del giovane (ripresa nel bel film di Silvio Soldini “Brucio nel vento”) Agota Kristof riflette evidentemente il suo destino di “erranza”: esiliata dall’Ungheria dopo l’invasione sovietica del ’56, rifugiata nella Svizzera francese con la famiglia, operaia dapprima e poi scrittrice costretta a esprimersi in una lingua non sua, mai completamente dominata.
Ieri
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