Alcune poesie di Alda Merini riportano la dicitura A Ettore: il dedicatario è il marito, Ettore Carniti, che la poetessa aveva sposato il 9 agosto del 1953. Fu un matrimonio burrascoso, certo non privo di difficoltà; sarebbe durato fino alla morte di lui, avvenuta nel 1983. La poetessa dei Navigli si sarebbe in seguito risposata con il medico e poeta pugliese Michele Pierri, di trent’anni più vecchio di lei.
L’amore per Ettore è tuttavia cristallizzato in alcune delle più belle poesie di Merini, tra le quali ricordiamo Ieri sera era amore in cui la poetessa fa riferimento a una coppia di amanti quasi disincarnata in un quadro astratto.
L’amore, nel personale quadro poetico di Merini, è rappresentato da un “bacio” e da una “bocca”, ricorda il Bacio di Klimt dove si vedono un uomo e una donna che si abbracciano strettamente: lui deposita un bacio sul capo di lei, mentre lei mantiene gli occhi chiusi e ha un’espressione estatica. La bocca della donna è in primo piano; vediamo il volto di lei, mentre l’espressione dell’uomo è nascosta, lui è tutto penetrato - come celato - nel gesto del bacio. In realtà quello che il quadro di Klimt ci mostra non è il bacio appassionato di due amanti, eppure l’opera è venuta a significare la massima espressione dell’eros. Come mai? Il motivo risiede nel volto lucente della donna, quasi trasfigurato dall’estasi amorosa, nel fatto che i due amanti sembrino compenetrarsi tramite la loro posa a incastro che li vede complementari e inseparabili. Sono “stupendamente accanto” proprio come nella poesia di Alda Merini, Ieri sera era amore, che vuole restituirci il medesimo livello di intesa e compensazione tra i due amanti, ridotti a pura forma, divenuti astrazione (“un bacio”; “una bocca”), tanto che sembrano trarre la vita l’uno dall’altro.
Vediamone testo e analisi della poesia Ieri sera era amore contenuta nella raccolta Destinati a morire (Lalli Editore, 1980).
“Ieri sera era amore” di Alda Merini: testo
Ieri sera era amore,
io e te nella vita
fuggitivi e fuggiaschi
con un bacio e una bocca
come in un quadro astratto:
io e te innamorati
stupendamente accanto.
Io ti ho gemmato e l’ho detto:
ma questa mia emozione
si è spenta nelle parole.
“Ieri sera era amore” di Alda Merini: analisi e commento
Alda Merini sposò Ettore Carniti giovanissima, aveva appena diciotto anni. Poco tempo prima si era interrotta la relazione travagliata tra la poetessa e lo scrittore Giorgio Manganelli, che lei aveva conosciuto a quindici anni grazie al critico letterario Giacinto Spagnoletti. L’amore con Manganelli finì bruscamente, tanto che lei dirà: “Per Manganelli io sono stata il suo demone, il suo demone ispiratore”. Dopo quella passione burrascosa (Manganelli aveva dieci anni più di Alda ed era già sposato) Merini si era gettata tra le braccia di Ettore, un operaio e sindacalista che nulla aveva a che spartire con l’ambiente letterario. Lei aveva fretta di andarsene di casa, era già fuggita dalla famiglia sperando di poter vivere delle proprie poesie: forse Ettore, un uomo semplice, concreto, senza grilli per la testa, gli consentiva la protezione e la sicurezza di cui lei aveva bisogno. Il loro fu un matrimonio “lampo”, nel 1955 nacque la loro prima figlia Emanuela, due anni dopo venne alla luce Flavia. Avrebbero vissuto una vita insieme e avuto in tutto quattro figlie (durante il ricovero psichiatrico di Merini sarebbero nate altre due figlie Barbara e Simona), tra alti e bassi e molte difficoltà economiche. Durante il primo periodo della loro relazione, lui perse il lavoro e i due si reiventarono acquistando una panetteria in via Lipari. Merini ricorda che la chiamavano “La Fornaretta” in quel periodo; ma lei, va da sé, voleva essere poetessa. Durante il primo anno di matrimonio pubblicò il suo primo volume di versi, La presenza di Orfeo, con l’editore Schwarz.
Contestualizzare l’amore di Merini per il primo marito è importante, perché ci consente di comprendere appieno il significato di questa poesia, a partire dal primo verso:
Io e te nella vita
fuggitivi e fuggiaschi
Ettore per Alda Merini era stato il punto di arrivo di una fuga, ovvero la maniera per strapparsi alla propria famiglia. Nei versi la poetessa intreccia la coppia di amanti attraverso le parole servendosi della figura retorica del chiasmo che prevede l’accostamento di due termini sul piano concettuale in un legame a x (il termine chiasmo deriva infatti dal greco χιασμός) in riferimento alla lettera “x” e alla sua forma incrociata. Merini dipinge il proprio personale ritratto dell’amore servendosi degli artifici della retorica: avvolge gli amanti nelle spire delle parole, li lega in una comunione di senso dopodiché li disincarna trasfigurandoli in forma astratta “un bacio; una bocca” che ci restituisce tutta la potenza dell’eros.
Nel finale Merini inaspettatamente ammette il limite delle parole: non è possibile dire l’indicibile, i sentimenti incontrano una barriera, si spengono come fuochi ardenti nella brace del desiderio e quindi si avverano nell’incomunicabilità. La parola detta è la parola che muore: l’amore, nella sua intensità, non può essere espresso ad alta voce.
Alda Merini trasfigura l’amore in termini astratti, lo tramuta in pura immagine e, infine, lo incarna in neologismo: “io ti ho gemmato”. Il verbo “gemmare” si associa comunemente alle piante, ai semi che germogliano, a tutto ciò che sboccia e quindi cresce, rinasce a nuova vita: Merini decide di associare questo verbo, per così dire botanico, all’amore.
Trova così inaspettatamente la parola giusta per dire ciò che non può essere detto, per esprimere l’inesprimibile:
Io ti ho gemmato.
Ecco le parole per dire l’amore, sono astratte, simboliche, rappresentano qualcosa che cresce, una nascita che avviene nell’unione indivisibile tra i due amanti.
In un’altra poesia, A Ettore, scritta dopo la morte del marito, Alda Merini riprende la semantica della natura, delle piante e dei fiori, dando a intendere l’amore come atto di impollinazione: “tu eri la mia ape”, dice del marito. Una metafora che ben si accorda all’idea dell’amore dell’autrice.
tu eri la mia ape
poggiavi sopra di me
con la tua benevolenza
e suggevi del fiore delle mie rime.
Lei invece, in questi stessi versi, si definisce come “donna di amore”. Le rime, infine, tornano a essere il fiore: Merini consegna alla poesia la sua identità vera.
E tutto ritorna a quel “Io ti ho gemmato” nel quale si avvera il senso dell’amore quale rinascita: ovvero rimettere al mondo le cose nella loro più piena essenza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ieri sera era amore”: la poesia di Alda Merini per il marito Ettore
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