Carlo Goldoni fece propria l’idea del Carnevale, da bravo veneziano.
Il grande autore, che avrebbe rivoluzionato la Commedia dell’arte, sapeva bene cosa si nascondeva dietro le maschere e trasformò la “mascherata” in uno stile di vita: la sua rivoluzione teatrale avrebbe portato una ventata di novità nella commedia italiana, conducendo alla progressiva abolizione delle maschere e a un diverso approccio al testo teatrale che non si sarebbe più basato sul tradizionale canovaccio, ma sul copione scritto. Goldoni aveva intuito che la vera maschera era l’identità stessa del personaggio; non è questo, in fondo, il segreto del Carnevale?
Carlo Goldoni, del resto, era nato nella patria per eccellenza del Carnevale: la città lagunare di Venezia, dove la festa del Carnevale era stata istituita per la prima volta nel 1094 secondo quanto riporta il primo documento ufficiale redatto dal Doge Vitale Faliero e fu ufficializzata nel 1296, secondo un editto emanato dal Senato della Repubblica. Uno dei più illustri cittadini della Serenissima non poteva dunque che celebrare la tradizione carnascialesca, rendendo omaggio al saluto veneziano di rito: “Buongiorno, siora maschera!”
Analizziamo la visione goldoniana del Carnevale espressa attraverso la poesia La stagion del Carnevale, nota anche con il titolo di Viva il Carnevale, tratta dal componimento giocoso La mascherata (1751). Visione che infine ritorna nella commedia intitolata Una delle ultime sere di carnovale, una delle ultime rappresentazioni veneziane, andata in scena per la prima volta nel 1762 al teatro San Luca nel giorno del Martedì Grasso.
“La stagion del Carnevale” di Carlo Goldoni: testo
La stagion del Carnevale
tutto il Mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s’impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.Par che ognuno di Carnevale
a suo modo possa far,
par che ora non sia male
anche pazzo diventar.Viva dunque il Carnevale
che diletti ci suol dar.
Carneval che tutto vale,
che fa i cuori giubilar.
“La stagion del Carnevale” di Carlo Goldoni: analisi e significato
La tradizione carnascialesca veneziana affondava le sue origini nel culto dionisiaco greco e nel motto latino: “Semel in anno licet insanire”, ovvero “una volta all’anno è concesso impazzire”, ed è esattamente quanto esprime Goldoni attraverso il suo componimento che apre, non a caso, con un’espressione analoga che mira a ribadire il concetto di sovvertimento insito nella festività:
La stagion del Carnevale
tutto il Mondo fa cambiar.
Nella quarta strofa della poesiola Goldoni giunge al suo effetto climax dicendo “par che ora non sia male/anche pazzo diventar”.
La pazzia appare come la forma più estesa - e più estrema - di felicità, del resto bisogna essere “folli” per essere davvero felici e, di conseguenza, eludere dal mondo la possibilità del dolore. La felicità è una “pazzia non durabile”, come il riso, lo sosteneva pure Leopardi.
Goldoni, l’autore della celebre Locandiera, che già aveva portato in scena un personaggio femminile spregiudicato e rivoluzionario come Mirandolina, ecco che porta questa idea all’estrema conseguenza presentando lo spirito vitale della tradizione veneziana: ognuno ha il “proprio” Carnevale, proprio come ognuno ha la propria idea di felicità. Di conseguenza ecco che vediamo chi sperpera il denaro e chi, invece, cerca di guadagnarlo; moglie e marito si dividono, ognuno è libero di andare dove vuole.
La poesia si colloca all’interno del dramma comico La Mascherata, composto da Goldoni nel 1751. All’inizio del secondo atto troviamo questa poesia che introduce la sfilata del Carnevale milanese. Attraverso queste cinque strofe dalla rima alternata l’autore descrive l’atmosfera sovversiva, giocosa e il ribaltamento di ruoli operato dalla festa delle maschere dove il povero può travestirsi da ricco, e viceversa, smorzando le tensioni sociali e i contrasti con un irriverente gioco di ruolo. La sintesi di tutto è l’allegria, che fa i cuori “giubilar”, dunque un’esaltazione dell’anima ancora più profonda.
La conclusione riprende un motto celebre della tradizione popolare, ovvero “ogni scherzo vale”:
Carneval che tutto vale
“Una delle ultime sere di carnovale”: la commedia di Goldoni
Più malinconica è invece, sin dal titolo, la commedia goldoniana Una delle ultime sere di carnovale, andata in scena al teatro San Luca di Venezia nel 1762, che racconta l’allegoria di un addio. La commedia di Goldoni andò in scena proprio in occasione del Martedì Grasso. Di lì a poco il grande autore veneziano, rinnovatore della Commedia dell’Arte, si preparava a partire per Parigi, la sua ultima patria, dove sarebbe morto il 6 febbraio 1793.
Una delle ultime sere di carnovale era dunque la commedia del congedo, che trasfigurava anche l’addio di Goldoni a una città molto amata, la sua Venezia, patria di tutte le insondabili malinconie e, al contempo, regno del divertimento più sfrenato, della lunga parentesi carnascialesca.
La trama si svolgeva nella casa del commerciante di stoffe Zagaria, dove si tiene una grande festa per celebrare la fine del Carnevale. Per dare l’addio a Venezia l’autore sceglieva, non a caso, i suoi elementi più simbolici: come protagonista un commerciante di stoffe - rendendo omaggio alla tradizione tessile che aveva reso la Serenissima celebrata nel mondo - e come ambientazione il periodo del Carnevale, che meglio caratterizzava la città lagunare.
Al ritrovo giunge anche il disegnatore Anzoletto, nel quale non è difficile scorgere un alter ego di Goldoni, che annuncia di essere in partenza per la Moscovia. La figlia di Zamaria, Domenica, è innamorata del disegnatore e si strugge per il suo lungo viaggio; da qui si snoda un dramma d’amore e gelosia che, come “commedia comanda”, avrà un lieto fine.
La vicenda amorosa della trama, tuttavia, passava in secondo piano rispetto all’effetto malinconico complessivo:
L’opera di Goldoni Una delle ultime sere di carnovale ebbe tre repliche e molto successo, lo stesso autore la definì:
La più splendida per me.
Carlo Goldoni fu commosso dagli applausi scroscianti che venivano dal pubblico, ancor più dalle persone che dagli spalti gli urlavano: “Buon viaggio!” e aggiungevano: “Non mancare di tornare”. Forse fu la prospettiva di un, ormai impossibile, ritorno ciò che fece stringere il cuore dell’ormai cinquantaquattrenne Goldoni che, afflitto dal precariato del lavoro di commediante, era costretto a emigrare.
Si congedava da Venezia rendendo omaggio alla sua città natale con la sua più grande festa, quella che Goldoni aveva ormai interiorizzato, facendone la propria cifra artistica, la sintesi della sua nuova Commedia dell’arte: il Carnevale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il Carnevale di Carlo Goldoni: un’analisi dalla poesia alla commedia
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