Il Romanzo della Nazione
- Autore: Maurizio Maggiani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2015
“Il Romanzo della Nazione” (Feltrinelli, 2015) ha due maiuscole nel titolo, a ribadire l’intento dell’autore: si accinge ad una grande narrazione, ad un progetto da tempo vagheggiato, quello di costruire attraverso la storia della propria famiglia un affresco della storia d’Italia nel suo farsi nazione, nelle difficoltà di tale processo, come sappiamo non del tutto riuscito né concluso, a partire dalla metà dell’800, quando Garibaldi, Mazzini e Cavour si trovarono protagonisti di quel Risorgimento che qui rivive in modo originale e direi alternativo a quanto abbiamo studiato sui libri di scuola.
L’autore Maurizio Maggiani è nato nel 1951 e la narrazione parte dalla morte dei suoi genitori, il padre elettricista, Dinetto, e la madre casalinga, Adorna, che vivono in Val di Magra e parlano la lingua di quel pezzo di territorio incuneato fra Liguria, Toscana e Piemonte. I genitori sono silenziosi e austeri, disprezzano il lavoro del figlio Maurizio, scrittore, professione per loro incomprensibile. In realtà il coscienzioso elettricista di precisione, socialista e poi comunista, che ha lavorato duramente per quaranta e più anni, ha scritto segretamente un libro di poesie dedicate alla brusca e gelida moglie Adorna….
“Nella mia solitudine – Nel mio silenzio interno – Una musica suona – Una dolce sinfonia – Nel mio cuore arido -. Si è accesa una luce – Tutto questo sei tu- Questa luce sei tu.”
Una composizione che prevede anche una variante, chiosa pignolo il figlio scrittore, stupefatto nello scoprire un amore così forte fra i suoi genitori, mai espresso. Alla morte dei due, assistiti ognuno da efficienti infermiere, Maurizio Maggiani inizia il suo percorso a ritroso nella storia familiare che incrocia ovviamente anche la grande storia collettiva: il nonno Garibaldo, la nonna Anita, le zie, tutti hanno contribuito a quell’affresco che secondo l’ampia e ricca recensione di Enrico Deaglio se il romanzo fosse un quadro sarebbe “Il quarto stato” di Pellizza da Volpedo.
Nel trascorrere degli anni fanno la loro comparsa nell’altalenante successione degli avvenimenti Giuseppe Garibaldi, con il suo poncho argentino che, entrando alla Camera dei Deputati del nuovo Regno a Torino rimase scandalizzato dalle tube e dai mantelli sugli attaccapanni (non era quella la Nazione per cui aveva speso tante energie) e poi Carlo Pisacane, Mazzini, Verdi, Cavour (non guardava negli occhi il ministro che nel decennio di preparazione, affacciato su un’altura che dominava il golfo di La Spezia, decise che lì sarebbe sorto il grande arsenale che avrebbe fatto del piccolo regno sabaudo una potenza europea).
Tutta la seconda parte del romanzo è dedicata alla costruzione di quel monumento della tecnica, dell’ingegneria, della cantieristica, della manualità, dell’artigianato italiano che fu il Regio Arsenale militare progettato da Domenico Chiodo: da quel luogo risuonante del lavoro di migliaia di uomini uscirà la più grande corazzata del tempo, invidiata da tutte la nazioni, la Dandolo. La nave, dalla tecnologia innovativa, armata con i più moderni apparati, non parteciperà ad alcuna guerra, ma correrà in aiuto dei terremotati di Messina nel 1908. Nel corso della narrazione compaiono grandi personaggi come Luther King, John e Bob Kennedy, Togliatti, le cui morti segnarono profondamente l’immaginario del piccolo Maggiani, soprattutto nel vedere le reazioni degli adulti: suo padre che piange alla notizia della uccisione del presidente americano, la folla spaventata per le conseguenze della morte di Palmiro Togliatti, il disprezzo popolare per la Jotti, illecita concubina del Segretario.
Il romanzo è troppo denso per essere riassunto, troppi sono i rivoli che l’autore segue nella narrazione, passando da tempi lontani all’oggi, dalla quotidianità delle abitudini contadine, con i ritmi della natura, il suono della lingua madre, al tempo presente e alle sue contraddizioni nel mondo politico e in quello letterario. Maggiani non è sempre empatico con il lettore, molti giudizi sprezzanti, molte divagazioni intime rendono in alcuni momenti la lettura difficile e le pagine diventano quasi ostili, ma ci sono anche momenti in cui non si può che ritrovarsi nelle descrizioni di speciali atmosfere: penso alle canzoni, alla colonna sonora degli anni ’50, quando tutti cantavano, i muratori sui cantieri, le donne di casa dalla finestre aperte, canzoni d’amore spesso tristissime, altre allegramente ingenue... ”
Aveva una casetta piccolina in Canadà /Con vasche , pesciolini e tanti fiori di lillà”, “Vorrei baciar i tuoi capelli neri – Le labbra tu e gli occhi tuoi severi – Vorrei morir con te Angel di Dio, - Oh bella innamorata, tesor mio”
Il massimo dell’erotismo concesso negli anni difficili del dopoguerra. E l’opera lirica, che arrivava al piccolo Maurizio sotto forma di regalo, quando il padre, di ritorno nottetempo dal regio di Parma, dopo aver assistito ad un’opera in piccionaia, gli cantava all’alba una romanza ”E lucevan le stelle”, “Se quel guerrier io fossi”.
Il Romanzo della Nazione è un libro importante, sul quale riflettere e con le cui affermazioni talvolta discutere: che Giuseppe Verdi sia “Un contadino che ha fatto i soldi, una testa piccolo borghese” è certamente un’affermazione che crea dissenso, ma come non convenire con il racconto sul disprezzo per Junio Valerio Borghese che arruolò i ragazzi delle scuole nella X Mas, per poi lasciarli assassinare impunemente... Tanti pezzi di storia, tanti pezzi di nazione, una nazione a pezzi.
Il Romanzo della Nazione
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Avevo letto Il coraggio del pettirosso e mi era davvero piaciuto. Tanto. Non e’ andata cosi’ con l’ultimo libro di Maggiani. Il romanzo dopo un inizio potente e molto bello si perde e si frammenta in troppi rivoli. Pieno di citazioni colte e a volte pesanti si arruffa e diventa difficile da seguire. Insomma non mi ha convinto e mi ha, purtroppo, annoiato.