Il Vittorioso
- Autore: Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2010
Confessioni del direttore che ha inventato il gioco delle copie
Vittorio Feltri è uno di quei giornalisti che lasciano il segno. Ad alcuni può essere simpatico. A molti altri, forse, antipatico. Di sicuro però una penna che fa vendere tanto, riuscendo sempre ad aumentare la tiratura delle copie (in fondo, quello che desidera ogni editore che si rispetti). Dai primi passi a L’Eco di Bergamo come recensore cinematografico, a La Notte di Milano. Gli anni del Corriere della Sera di Piero Ottone, e poi, come inviato speciale, sotto la direzione di Piero Ostellino. Nell’89 il grande salto a dirigere il settimanale L’Europeo, contribuendo a raddoppiarne le vendite. E ancora. Nel 1992 Feltri arriva alla direzione de L’Indipendente, rilanciando una testata in crisi. Direttore de Il Giornale e fondatore nel 2000 di Libero, altro successo editoriale di un quotidiano di stampo liberal-conservatore, in pochi anni arrivato a oltrepassare le 200.000 copie.
“Appena rivolgevo a D’Alema una domanda vera, il pubblico rumoreggiava, partivano i fischi. Al che dissi: sentite, siccome sono venuto qui gratis, e mi sono pure pagato il biglietto dell’aereo, se vi va bene faccio le domande così, altrimenti se mi rompete le palle prendo su e torno a casa mia”
In questo libro intervista ecco fotografato un Vittorio Feltri con tutti i suoi vizi e le sue virtù. Tipico bergamasco dal carattere spigoloso, scontroso, impulsivo, diretto, senza peli sulla lingua. Uno spirito indomito. Un’autentica mina vagante all’interno della categoria. Sostiene di avere avuto simpatie socialiste. Qualcuno lo definisce un anarchico di destra. “Vittorio Feltri è un mio figlio degenere”, ha detto di lui Eugenio Scalfari.
A colloquio con Stefano Lorenzetto viene ripercorsa tutta la sua carriera, con alti e bassi in cinquant’anni trascorsi nelle redazioni. Storie, aneddoti, idiosincrasie, manie del giornalista e dell’uomo. Campagne di stampa famose quali Affittopoli, il caso Boffo, la vicenda Fini-Tulliani. Successi e disavventure professionali culminate anche con censure e sospensioni dall’ordine dei giornalisti. Ma anche un’onestà intellettuale riconosciuta persino dai suoi detrattori, accompagnata da una certa modestia. Ma soprattutto un modo di fare giornalismo diverso, graffiante, corrosivo, sarcastico, capace di farsi comprendere da chiunque, ricorrendo anche all’uso di espressioni colorite ma sicuramente efficaci. Un giornalismo di taglio popolare da far arricciare il naso a tanti, ma abile nel semplificare anche i concetti più difficili.
“Quando mi atteggio a direttore, dico ai miei colleghi: per gentilezza, ogni volta che buttate giù un titolo, fate conto di telefonare alla mamma, alla moglie o alla fidanzate e spiegate loro cosa è successo. Tu non dici a tua madre che il traffico è in tilt. Che cos’è questo tilt? Tua madre mica giocava a flipper e non conosce neppure l’inglese. E’ inutile andare in cerca di complicazioni, giochi di parole, espressioni gergali. Basta la semplicità. Vale anche per la scrittura”.
Nell’ultimo capitolo scopriamo un Feltri privato: ipocondriaco, intollerante all’uso del computer, pigro, malinconico, altruista, disinteressato alle ferie. Insomma, un anticonformista, un uomo non scontato, imprevedibile perfino a sé stesso.
Il vittorioso. Confessioni del direttore che ha inventato il gioco delle copie
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