Il badante di Che Guevara
- Autore: Mario Castelnuovo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2008
Mario Castelnuovo: è proprio lui, il cantautore di “Sette fili di canapa”, “Nina”, “Oceania”. La sua stagione di popolarità, troppo breve per il suo reale valore, ha comunque lasciato un’impronta nella musica italiana, insieme ad un certo numero di bellissimi brani che vengono ancora ricordati con ammirazione e nostalgia. Castelnuovo era il menestrello, il cantore medievale con la dolcezza negli occhi e nella voce, il poeta che sposava le note più suggestive alle parole più intime per raccontare la semplicità di una vita. “La poesia per la musica”, lo definì un giorno, introducendolo, una giovane presentatrice, e mai definizione fu più azzeccata e più appartenente al personaggio.
In realtà, Castelnuovo non ha mai smesso di comporre e di cantare, sebbene con minore frequenza rispetto a prima ed attraverso canali meno nazional-popolari, regalando ai fedeli ammiratori e a chiunque sia disposto ad ascoltarlo alcuni rari ma preziosi CD e mantenendo una costante attività concertistica e teatrale (particolarmente rimarchevole la collaborazione con l’attrice Elisabetta Salvatori, da cui è nato lo spettacolo “Vorrei riempirmi la bocca con parole d’amore”).
Adesso, per dirla con parole sue, anche lui “ha commesso il peccato” di pubblicare il suo primo romanzo. Ma è pur vero che il peccato è sempre qualcosa di piacevole, altrimenti non avrebbe senso commetterlo: e, in questo caso, si tratta di un peccato piacevole anche per il lettore.
Talmente breve da sembrare un racconto lungo piuttosto che un romanzo, questo libro è scritto in tono intimistico, con uno stile talmente leggero ed impalpabile che si ha l’impressione di leggere una lunga poesia senza rima, o di vedere i pensieri dei due protagonisti librarsi nell’aria avvolgendo loro ed il mondo limitato con il quale entrano in contatto. Il dialogo fra il vecchio ed il badante, sia che si esprima a livello di conversazione vera e propria che nei pensieri che ciascuno tiene per sé, ricorda una composizione basata sul contrappunto: due mondi lontanissimi che si guardano da lontano, si scontrano con violenza, si annusano con curiosità, si incontrano con rispetto.
La storia, di per sé, è semplice e abbastanza comune. L’anziano senatore comunista che, diventato invalido, si trova estraniato dalla sua stessa famiglia. L’extracomunitario che si divide fra il dovere legato al vecchio ed uno strano (ma non troppo) ménage à trois con un’italiana ed una straniera. L’attraversamento di vari e diversi stati d’animo, il confronto fra i due, fino a giungere ad un gesto folle ed eclatante che li unirà indissolubilmente prima dell’addio. Il vecchio ha soprannominato il suo badante “Drogo”, come il protagonista de “Il deserto dei tartari” di Buzzati, per la sua abitudine di guardare sempre fuori dalla finestra. Ma in realtà Drogo non aspetta niente: pensa e, allo stesso tempo, si ribella alla sua condizione ed alla vita, sperando di costruirne una migliore. Il vecchio invece rimpiange la gioventù, quando veniva chiamato “Che Guevara” per il suo fascino, ma negli anni ha capito di aver sempre difeso a parole i diritti dei più deboli, ma di non avere mai vissuto la loro condizione, richiudendosi a fine giornata nel suo castello di privilegi. Attraverso il confronto con Drogo capirà che quelli come lui non aspirano al lusso che vedono in televisione, ma alla salvezza da una vita di stenti. E questo tratto di vita percorso insieme li renderà entrambi più ricchi.
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La narrativa italiana di qualità ha trovato un nuovo portavoce. Lo scrivo senza tema di smentita, perchè questo bel romanzo d’esordio di Mario Castelnuovo è, anzi tutto, un romanzo vero. Che colpisce, in primis, per la musicalità della scrittura - ma questo c’era da aspettarselo, data la "letterarietà" del suo corpus discografico - e, in secondo luogo, per lo spessore filosofico sotteso alle riflessioni delle voci narranti (evitando le situazioni pretestuose tipiche dell’esordiente). Due uomini antitetici tra loro, alle prese ciascuno coi propri fallimenti, le proprie angosce materiali e morali, la meschinità, il cinismo. Accomunati dal caso e dalla condivisione di un atto, a suo modo, eversivo; dalla forte valenza simbolica. E in questo alberga la sorpresa maggiore del plot: attraverso le storie intrecciate di un anziano senatore comunista e il suo badante extracomunitario, la politica - quasi del tutto assente nel repertorio musicale del Nostro - assegna il passo autentico e il senso teleologico all’intero racconto. "Il badante di Che Guevara" (Salerno Editrice, 2008) sotto l’aspetto dell’indignazione civile è, infatti, un romanzo spietato. Una fotografia dell’Italia degenere di questi anni. L’Italia divisa in due dei ricchi e dei pezzenti: da un lato il modello ontologico neoborghese mutuato dai salotti tv, dall’altro l’esistenza reale fatta di fatiche ma anche di autenticità. Cos’altro dire? Che il libro si legge d’un fiato ma che è utile tornarci sù per assaporare appieno i retrogusti di una narrazione serrata e ispirata che, mi auguro, possa trovare sbocco in una ulteriore prova letteraria. Ottimo, davvero.