Il bello nell’arte
- Autore: Johann Joachim Winckelmann
- Genere: Classici
- Categoria: Saggistica
Per chiunque si avvicini allo studio dell’arte neoclassica, Johann Joachim Winckelmann è una figura fondamentale di riferimento, trattandosi del massimo teorico della stessa e di colui che, in pratica, ha “creato” la figura dello storico dell’arte. Ciò risulta sorprendente alla luce delle sue modeste origini e della sua carriera di studente, dapprima in teologia, poi in medicina e in matematica. La sua cultura artistica non fu, però, frutto di istruzione “ufficiale”: nel mentre portava avanti i propri studi, seguendo la propria grande passione per la letteratura e per l’arte classica, egli intraprese anche lo studio di tali materie in maniera autonoma. Dapprima precettore, poi bibliotecario, ebbe la grande fortuna di entrare al servizio prima del cardinale Alberico Archinto, poi, alla morte di questi, del cardinale Alessandro Albani, la cui villa fuori Roma era per lui un’inesauribile fonte di tesori da ammirare e studiare, cosa che il cardinale stesso, sollevandolo da ogni altro incarico, lo incoraggiava a fare. Estremamente grato al suo protettore, Winckelmann finì per stabilirsi in Italia, restandovi, a esclusione di alcuni brevi viaggi, per tutta la durata della propria non lunga vita. Morì, infatti, a soli 51 anni, accoltellato da un delinquente conosciuto casualmente durante uno spostamento in treno, per motivi, in realtà, mai del tutto chiariti.
Durante la sua permanenza a Villa Albani Torlonia, Winckelmann strinse una forte amicizia con Anton Raphael Mengs, che vi stava eseguendo il grande affresco sul Parnaso. Tale rapporto fu sicuramente proficuo anche in termini di scambi di idee, essendo Mengs uno dei primi esponenti del nascente neoclassicismo, e contribuì allo sviluppo di quelle teorie formulate da Winckelmann nei suoi scritti, e alle quali senza dubbio si rifecero due eccelsi artisti come Antonio Canova e Jacques Louis David, che di tale corrente furono i punti cardine rispettivamente nella scultura e nella pittura.
Questa preziosa antologia di scritti costituisce una sintesi del pensiero di Winckelmann e, fondamentalmente, della sua idea del bello in campo artistico. In questo, la principale base sulla quale si fondano le sue teorie è quella della Grecia antica, che lo studioso considerava nettamente superiore alle altre civiltà in termini di bellezza e grazia. Al contrario, ad esempio, di Piranesi, che era fermamente convinto della superiorità della civiltà romana, Winckelmann concepisce la Grecia, in particolare nel periodo di Pericle, come culla della vera bellezza nell’arte, intesa principalmente come scultura. Un’arte pura, semplice, senza i fronzoli propri del barocco e del rococò, alla ricerca di una bellezza ideale nutrita da quella reale, dalla quale prende le parti migliori assemblandole in un tutto che, esattamente per questa sua caratteristica, non può esistere in natura. Una bellezza che, proprio in quanto ideale, rifugge dai tratti naturalistici, dati ad esempio dallo sforzo delle vene, dalle imperfezioni della pelle proprie dell’età senile, e per questo si nutre principalmente di giovinezza. Una bellezza lontana dal romanticismo perché fatta di emozioni non gridate, ma espresse in modo sommesso, con moderazione: si veda la splendida e dettagliata descrizione del gruppo marmoreo del Laocoonte, del quale si esalta la compostezza della figura centrale, la cui espressione non rivela strazio ma stoica volontà di contenere la sofferenza, fin nello stesso grido che gli spalanca la bocca.
Ne Il bello nell’arte (qui recensito nell’edizione Abscondita, 2019, a cura di F. Pfister) Winckelmann riesce indubbiamente a trasmettere a lettore tutto l’entusiasmo che prova per le opere che gli presenta, tanto che, nella postfazione di David Irwin (fondamentale per contestualizzare, capire e approfondire il personaggio), si racconta la delusione di alcuni viaggiatori che, arrivati davanti alle sculture affrontate dal teorico nei suoi scritti, non le avevano trovate all’altezza delle sue descrizioni. Per contro, Winckelmann non è certo un tipo che “le manda a dir dietro”, e, quasi uno Sgarbi ante litteram, non si fa scrupoli a denigrare fortemente quelle opere e quegli artisti che non incontrano la sua approvazione: perfino Michelangelo, solo per citare la sua “vittima” più illustre. Eppure questi scritti, pur con tutti i loro limiti dati anche dall’epoca, e con qualche refuso (accuratamente segnalato dal curatore), costituiscono ancora oggi un testo fondamentale.
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È un testo specifico che si rivolge a chi studia o a chi è semplicemente appassionato di arte neoclassica. Pur essendo un’antologia, non è una lettura facile e di tutto riposo.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il bello nell’arte
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