Il bosco delle streghe
- Autore: Marco Vichi
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2012
“Era una domenica di novembre, una domenica triste, non mi va nemmeno di raccontare come mai”.
Un uomo salito in macchina con l’idea di andare in un posto sconosciuto giunge presso un borgo toscano composto di quattro case in cima a un cocuzzolo. È notte ormai e l’uomo varca la soglia di un’osteria, “una grande stanza tiepida, qualche tavolo e poca gente” e nell’aria un forte odore di legna bruciata. La sua attenzione è attratta da un vecchio che si trova in fondo alla sala con un fiasco sul tavolo e il cappello in testa “dall’aria metà contadina e metà risorgimentale”. Dopo essersi seduto davanti a lui, una volta ordinato un mezzo litro di rosso, l’uomo chiede all’avventore di raccontargli una storia “una qualunque che fosse degna di essere ascoltata”.
Vichi narra una storia dove niente è come appare, ambientata nel bosco delle streghe nella misteriosa collina bassa dietro la chiesa dove si diceva che di notte si vedessero “certe fumate strane che puzzavano di zolfo”. Un vecchio matto “dal muso orribile” che viveva dentro una caverna o forse sottoterra passava spesso in quel bosco “pieno di trappole della natura”.
Il narratore, ex boscaiolo, non riusciva a capire perché il matto assomigliasse come una goccia d’acqua al padrone della villa, la persona più facoltosa del luogo. “Vuoi che ti racconti qualcosa e io te la racconto, di storie ne so tante da far pieno il capo...”.
INTERVISTA A MARCO VICHI
Domandiamo all’autore se la storia qui narrata contenga una sua morale, ma risponde:
“Nessuna morale consapevole, se poi qualcuno vuole trovarcela, a me va bene”.
Leggendo le pagine digitali di questo racconto breve, che inaugura la collana Guanda.bit, pensiamo agli antichi racconti orali che gli anziani narravano ai propri nipoti, anche se il simpatico Vichi ci dice:
“non credo che usi ancora stare davanti a un caminetto acceso ad ascoltare il nonno che racconta vecchie storie di famiglia, ma la «narrazione» è comunque, da sempre, una delle fondamentali e inevitabili occupazioni umane: viviamo di racconti, e anche quando pensiamo al passato ce lo raccontiamo”.
Perfetta l’atmosfera dell’osteria “riparo per i viandanti”, luogo fermo nel tempo che ricorda, in questa notte di pioggia con tuoni e fulmini, un dipinto del pittore livornese Giovanni Fattori, uno dei maggiori esponenti del movimento dei macchiaioli: l’oste grasso, i giocatori di carte, il ceppo di olivo che arde nel camino, la rosticciana intera circondata da salsicce che brucia sulla brace. Un’altra narrazione originale, avvincente e ben orchestrata dall’autore del Commissario Bordelli che si muove nella Firenze degli anni Sessanta.
“Bordelli mi sta raccontando una nuova storia in questi giorni, e dovrei riuscire a scriverla l’autunno del prossimo anno”
ci anticipa Marco. Ripensando al finale del racconto comprendiamo perché Vichi all’inizio del testo abbia scelto la frase di un anonimo di epoca sconosciuta:
“Amor segretamente imperversando, lungimirando vieta indegno amore”.
Abbiamo domandato alla fine a Marco se secondo il suo parere il libro digitale sarà in grado di soppiantare quello cartaceo:
“Credo di sì, è solo questione di tempo. Sono abituato alla carta, e non riesco a leggere un libro su un supporto elettronico, ma questo «passaggio» non mi scandalizza. Basta che si legga, visto che leggere fa bene, è utile per vivere, aiuta a districarsi nella foresta sentimentale della vita. L’editoria elettronica ha anche il vantaggio di non abbattere gli alberi”.
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