Il canale dei cuori
- Autore: Giuseppe Sgarbi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Skira
- Anno di pubblicazione: 2018
“Il canale dei cuori” (Skira, 2018) è il romanzo postumo di Giuseppe, Nino Sgarbi (Badia Polesine (Rovigo), 15 gennaio 1921 - Ferrara, 23 gennaio 2018), padre di Vittorio ed Elisabetta, che ha esercitato per quasi mezzo secolo la professione di farmacista in zone di campagna tra Veneto ed Emilia, già autore di “Lungo l’argine del tempo. Memorie di un farmacista” (Skira, 2014), “Non chiedere cosa sarà il futuro” (Skira, 2015) e “Lei mi parla ancora” (Skira, 2016).
“Mi fermo. Siedo. Chiudo gli occhi. E taccio. Tendo l’orecchio. Ascolto. Fremo”.
Nella primavera del 2017, Giuseppe Sgarbi si era ritrovato sulle sponde del Livenza, fiume dell’Italia nord-orientale che sfocia sul mare Adriatico nel golfo di Venezia. Qui tutto era rimasto come allora, quando Nino si dilettava nella pesca. La magia dello scorrere immutabile delle acque del fiume, gli olmi, i salici e gli ontani accalcati sugli argini, l’azzurro effervescente del cielo. E il profumo. Quel profumo d’altri tempi, di montagna, di torrente ed erbe selvatiche. Profumo di vita. Quando sei molto anziano, ultranovantenne, e la tua vita è ormai dietro alle spalle, i fantasmi di chi non c’è più ti vengono a cercare per intrecciare un dialogo mai interrotto. Nino Sgarbi è nato narratore e ha sempre amato leggere, inventare e raccontare storie della campagna veneta, dove è nato. Per l’autore l’esercizio della memoria, del ricordare è diventato pratica costante ora che i giorni si susseguono, uno uguale all’altro. A pochi passi dal fiume, in piedi, appoggiato al bastone “è lui la mia canna, ormai”, Nino assomiglia a una meridiana piantata su un fazzoletto di prato. Sulla sponda del fiume Livenza, il passato riemerge riportando storie, persone ed emozioni. Allora prende vita il ricordo del fratello della moglie Caterina, Rina, Bruno Cavallini, umanista, intellettuale autentico e libero, refrattario a schieramenti e schemi, docente di Storia dell’Arte.
“Te lo ricordi, Bruno? Ricordi il formicaio di teste, gli sguardi febbricitanti, la selva di mani alzate e il brulicare di domande che sgusciavano da tutte le parti come anguille?”.
Bruno era stato il primo che aveva condotto Nino verso il fiume per pescare e non solo.
“È bello come il ‘Canale dei cuori’?”.
Pánta rheî, tutto scorre, è il celebre aforisma attribuito al filosofo greco Eraclito di Efeso. Ma l’acqua del Livenza è sempre la stessa e si muove esattamente nello stesso modo. Siamo noi che invece continuiamo a cambiare, riflette Giuseppe Sgarbi. In una curva l’acqua pare che rallenti, lì, dove c’è un piccolo salto di sassi, invece, riprende l’abbrivio e pochi passi più in là, scivola via, come uno sciatore che sfrutta un dosso per darsi lo slancio, prendere velocità, bruciare le porte dello slalom e scendere in picchiata verso il traguardo.
Adesso che Giuseppe Sgarbi ha tagliato il suo personale traguardo non deve più domandare a Bruno e alla Rina, compagna di una vita:
“Com’è la vista di lassù? Fantastica, vero? A dire la verità, non è male nemmeno da qui. Non sarà l’infinito, ma lo ricorda molto da vicino. Così da vicino che è vero: per poco il cor non si spaura”.
Il canale dei cuori
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