Il capo
- Autore: Marco Mondini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2017
Generale, figlio di generale e padre di generale. Un uomo da ricordare, a cento anni dalla comparsa sulla scena della storia italiana. Un uomo da dimenticare, perché il suo nome è legato alla più grave sconfitta del Paese, come spiega ampiamente Marco Mondini, storico, docente, ricercatore, autore del saggio “Il Capo. La Grande Guerra del generale Luigi Cadorna”, volume della Biblioteca storica Il Mulino (2017, pp. 392, euro 26,00).
Un uomo solo al comando di un esercito, quello italiano, che in due anni e mezzo di conflitto, prima di Caporetto, era diventato una macchina colossale: milioni di uomini in divisa, una quantità di armi e materiali senza precedenti, una logistica “mostruosa” da programmare, movimentare, alimentare. Un apparato mai tanto complesso, gestito arrogandosi poteri quasi dittatoriali.
Fino alla rotta disastrosa, che lo allontanò a novembre 1917 dal vertice assoluto della Forza Armata, Luigi Cadorna aveva esercitato il suo ruolo di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito senza dare conto praticamente a nessuno, davanti a Governi molto più precari e temporanei di lui. Intorno a sé, negli uffici del Comando Supremo di Udine, si era circondato di yes men senza spina dorsale e attitudini militari, scelti sulla base di un unico requisito: la fedeltà al capo, che voleva dire cieca disciplina e soggezione totale ai suoi voleri.
Cadorna non ammetteva critiche. La sua parola era il Verbo. Men che meno consentiva che si dubitasse di un suo ordine o se ne ritardasse l’esecuzione. Ed era uno solo anche il criterio di assegnazione dell’incarico di comando ai generali sottoposti (Armate, Corpi d’Armata, Brigate, Divisioni): l’obbedienza assoluta ai suoi dogmi tattici. Che significava attaccare ogni posizione nemica, anche munitissima, trascurando perdite e sacrifici umani; ripetere all’infinito l’assalto fallito, a prescindere dalla difficoltà dell’operazione; mantenere ad ogni costo qualsiasi trinceramento conquistato, anche quando una valutazione realistica suggeriva di abbandonarlo; reiterare irragionevolmente errori che si erano già rivelati in tutta la loro drammatica portata.
Il risultato: stragi di bravi soldati e di giovani ufficiali. Sangue, lutti, dolore.
Per gli alti gradi degli stati maggiori dipendenti che mostravano poco entusiasmo a impegnare i reparti in attacchi infruttuosi o che aderivano ai suoi ukase con zelo giudicato insufficiente, non c’era che una risposta: la sostituzione, il collocamento forzato a risposo, il cosiddetto “siluramento”. Lo stesso destino colpiva chi ai suoi occhi non appariva assecondato da particolari doti di fortuna. Il generalissimo era estremante superstizioso, al limite dalla patologia, bastava poco per essere considerati pericolosi iettatori.
Il lavoro del prof. Marco Mondini (insegna storia militare nell’Università di Padova) si basa sull’esame minuzioso degli atti della Commissione di inchiesta sui fatti di Caporetto, davanti alla quale l’ex condottiero dell’Esercito sedette non solo come un importante responsabile di scelte e condotte, ma quasi come un paziente sul lettino dello psicoanalista.
Piemontese di Pallanza, sul lago Maggiore, dove era nato nel 1850, era figlio di Raffaele Cadorna, il generale che guidò il V Corpo d’Armata del Regno d’Italia alla conquista di Roma, nel settembre del 1870.
Avviato agli studi militari a soli dieci anni, Luigi era arrivato al più altro grado dell’Esercito senza sparare un colpo. Quando sostituì nella carica di capo dello Stato Maggiore Alberto Pollio (stroncato da un collasso in albergo nel luglio 1914), aveva diretto solo uffici, mai un comando importante sul campo.
Sono tanti gli spunti nel lavoro di Marco Mondini, che indaga a fondo sul ruolo del generalissimo, sul carattere, sulle scelte e risultati delle scelte, sui fantasmi e ossessioni che afflissero lui e di conseguenza il nostro esercito.
Dopo l’avvicendamento col napoletano Armando Diaz, il Regno d’Italia mantenne in ombra Cadorna, figura scomoda. Provvide Mussolini a riportarlo ai fasti di Vittorio Veneto. La nomina a Maresciallo d’Italia gli fruttò quattro anni di buone prebende, dal 1924 alla morte, il 2 dicembre 1928.
Restava comunque indifendibile. Lo stesso Duce non aveva deposto l’istintiva antipatia per l’aristocratico condottiero sabaudo, tanto lontano dalla vita e dai dolori del soldato semplice.
“Cadorna era stato un esponente tipico della sua generazione, un generale tra i generali, un soldato di mestiere non particolarmente geniale”.
È poi diventato il colpevole di ogni rovina, il burocrate in uniforme che aveva quasi distrutto il proprio esercito e il Paese. In realtà non era l’ultimo degli incapaci, ma un tecnico delle armi che condivideva la stessa insensibilità dei colleghi della sua epoca, la stessa arretratezza professionale, lo stesso disprezzo per concittadini che consideravano pavidi e ingovernabili.
Il capo. La grande guerra del generale Luigi Cadorna
Amazon.it: 13,30 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il capo
Lascia il tuo commento