Il cielo in una stanza. 1960: Paoli, Mina e una canzone rivoluzionaria
- Autore: Laura Rizzo
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Si può dedicare un intero libro (benché sottile) a una sola canzone? E si può davvero rischiare di farlo quando la canzone è una delle più conosciute del panorama cantautorale italiano?
Laura Rizzo ci aveva già mirabilmente raccontato di musica, ma allora lo aveva fatto scegliendo un intero album (e che album) di un autore istrionico e, ipso facto, fascinoso (Canzoni a manovella, di Vinicio Capossela).
Questa volta la sfida è interessare il lettore a un cantautore notoriamente restio al racconto di sé, ma del quale tutto è stato detto; a una canzone riproposta in tutte le salse, della quale tutto è stato raccontato.
Non ci si crede, ma Il cielo in una stanza e Gino Paoli hanno ancora molto da dire. L’autrice riesce in quello che molti prima di lei avevano fallito: siede davanti a Paoli, nella sua casa di Genova, e lascia che il cantautore racconti, forse anche quello che non gli era stato chiesto. Laura Rizzo ha dalla sua un’invidiabile cultura musicale (oltre che un aplomb d’altri tempi), per cui è facile immaginare che Paoli si sia sentito completamente a suo agio, certo di discutere con una scrittrice competente, interessata all’anima del capolavoro e non al gossip, che ha infarcito i troppi racconti sul tema.
Da questa preziosa chiacchierata emerge un ritratto nostalgico e appassionato di un’Italia giovane e coraggiosa, dove il caso sembra essere sempre dalla parte degli audaci. Paoli è un uomo che non avrebbe potuto fare che l’artista e il Fato lo ha assecondato, piuttosto che vederlo perire: strumentazioni preistoriche, secchi in testa per potersi ascoltare, soffitte come ripari e soprattutto amore, amore incondizionato per l’Arte, che preme dentro con l’urgenza di un’infezione. La cura è solo nell’espressione e Paoli lo ricorda quasi con pedanteria, come a voler giustificare questo protagonismo cui, suo malgrado, la notorietà lo ha costretto.
Laura Rizzo in questa sua seconda opera è quasi pudica: sembra voler scomparire dietro un artista e un’opera ai quali si avvicina reverenziale, ma la sua scrittura è così accurata e la sua competenza musicale è così evidente da negarle ogni possibilità di riuscita.
Nel testo si racconta molto anche di Mina, che ha dato notorietà a Il cielo in una stanza: ecco, vogliamo sperare che a questo libro ne segua almeno un altro, a breve, su di lei. Perché si sente che la Rizzo avrebbe molto da raccontare, quasi con la stessa urgenza di Paoli.
Chi, come me, è tanto incompetente di musica da sentirsi poco interessato a un testo monografico su una canzone, si ricrederà: l’argomento è Il cielo in una stanza, ma l’oggetto è l’Italia degli anni Sessanta. Si gira l’ultima pagina con una nostalgia struggente e con la netta sensazione che qualcosa sia andato storto: forse mancano gli audaci, o forse manca la passione di credere nei sogni. O forse bisogna raccontare queste storie, ancora e ancora, perché alimentino il coraggio di chi nell’Arte non crede più.
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Un libro perfetto per...
Agli appassionati di musica e in generale ai nostalgici degli anni Sessanta, ma ancora di più ai giovani, perché sappiano distinguere un artista da un tizio famoso.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il cielo in una stanza. 1960: Paoli, Mina e una canzone rivoluzionaria
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