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Il cinema
- Autore: Claudio Caligari
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
- A cura di Fabio Zanello
Era domenica, una domenica mattina. Lo ricordo perché non mi è più successo di andare al cinema di domenica mattina. Il cinema era l’Ariston, una saletta d’essai di una zona abbastanza centrale di Catania. L’anno il 1983. Fuori dal cinema avevo lasciato un robusto sole autunnale, capace ancora di farsi valere. La prima volta che ho visto “Amore tossico” erano queste (più o meno) le circostanze: l’epoca dei miei diciannove anni che coincidono con l’epoca del mio impegno politico-sociale. Cercavo “messaggi” dappertutto, allora nei film, come nei libri, come nelle canzoni che ascoltavo. Vedere “Amore tossico” è stato una specie di pugno allo stomaco. Di più: è stato una gragnuola reiterata di colpi bene assestati alla coscienza durata un’ora e mezza, quando dura nel complesso il docu-film. Niente a che vedere con altre pellicole di denuncia (?), e nemmeno con Christiane F. e lo zoo di Berlino. In "Amore tossico" il clima è più crudo, la tossicodipendenza più vera, eviscerata dal “dentro”, dalla (cattiva) strada di chi l’ha vissuta/scelta/subita in prima persona e sulla pelle (il cast è composto da tossici o ex tossici). Apriti cielo: pasolinismo avrebbe scritto qualcuno, neo-neo realismo qualcun altro, assecondando la moda neologistica del momento. Fatto sta che a quel tempo sapevo nulla del regista Claudio Caligari (veniva dai documentari di stampo politico) e da “Amore tossico” in avanti non l’ho più dimenticato. Per la manciata di film che gli è stato concesso di girare (“L’odore della notte”, “Non essere cattivo”) mai più perso di vista: la parte residuale della mia memoria militante non ha dimenticato chi fossero “Amore tossico” e Claudio Caligari, il suo regista. E’ successo così che quando ho ricevuto il pacco con dentro “Il cinema di Claudio Caligari” (Edizioni Il Foglio) non ho battuto ciglio, piuttosto (idealmente) le mani, per l’idea meravigliosa ed il coraggio di Fabio Zanello di dedicare a Caligari (1948-2015) una monografia a più voci, peraltro una più competente dell’altra. Trentanove anni di carriera spesi con parsimonia, tra attivismo politico, documentari sulla scia, e tre film tenuti assieme dal filo rosso della visione non-edulcorata dello stato delle cose: la marginalità, la dipendenza, il sottoproletariato giovanili visti dal lato meno epico e più brutto. Senza analgesici, in quanto così è - per una volta, con buona pace di Pirandello - non se vi pare. Accresciuto da una prefazione di Simone Isola (il produttore di “Non essere cattivo”) e da un’intervista di Fabio Zanello a Emanuel Bevilacqua (fra gli attori del film), il volume comprende i saggi di Aurora Auteri, Enrico Lancia, Davide Stanzione, Gordiano Lupi e dello stesso Zanello. Costa un’inezia (10 euro appena) e vale la pena leggerlo: il cinema italiano d’autore è passato, passa e passerà anche (soprattutto) dalle filmografie talentuose e divergenti di autori come Claudio Caligari.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il cinema
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