Il clan dei corleonesi
- Autore: Angelo Vecchio
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2007
Angelo Vecchio, con il suo stile asciutto e lineare, frutto della sua ricca esperienza giornalistica, in “Il clan dei corleonesi”, un agile volume di facile e scorrevole lettura, ci offre un quadro sintetico ma esaustivo che permette la conoscenza dei maggiori esponenti di Cosa Nostra, appartenenti al clan dei corleonesi, che soppiantarono i precedenti capi della influente organizzazione criminale. Navarra, Liggio, Riina e Provenzano sono questi ma non solo, i nomi delle personalità di cui in successione vengono narrate con minuzia di particolari le vicende che hanno influenzato notevolmente la realtà locale.
Significativa la citazione iniziale di Nicolas de Chamfort:
“La società si compone di due grandi classi, quelli che hanno più cibo che appetito e quelli che hanno più appetito che cibo”.
Si trattano vicende oscure, storie e misteri di mafia che partono dagli affari con le truppe americane di liberazione al rifiuto della Mafia di appoggiare il golpe di Junio Valerio Borghese. Sono episodi storici le cui dinamiche non sono state mai messe in chiaro come nel caso nell’assassinio di Salvatore Giuliano di cui si diceva:
“L’unica cosa sicura è che Salvatore Giuliano è morto”.
Da quello che viene descritto con corretta e minuziosa cronaca, emerge un mondo che pochi conoscono dove i ruoli sono parecchio diversi da quelli della comune realtà e non tutto è quello che appare. Omertà e complicità regnano sovrane ma con non poche eccezioni, come quella del testimone dell’omicidio Livatino il “Giudice ragazzino” che vide e raccontò tutto ma che sta ancora fuggendo.
Con l’introduzione del 41bis, nasce l’esigenza di mettere in piedi una “trattativa” per consentire l’alleggerimento della pesantezza delle misure sul carcere duro che rende i mafiosi reclusi dei sepolti vivi. Non vi era più la passata reclusione degli appartenenti ad associazioni criminali che avevano un trattamento di riguardo nelle carceri tanto da far nominare “Grand Hotel Ucciardone” il maggiore e più rinomato luogo di pena della Sicilia.
L’obiettivo o meglio uno degli obiettivi più appetibili diviene e continua ad essere, l’aggiudicazione di appalti e commesse legati ai fondi europei.
Latitanza e prescrizione sono altri due elementi che vengono messi in rilievo, strettamente connessi allorquando allungandosi la latitanza, sopraggiunge la prescrizione specie in presenza di impressionanti periodi di indagini e di lunghezze processuali. Vengono rievocati i nefasti avvenimenti che accompagnarono il “Boom” edilizio di Palermo, quello che è stato definitivo il “Sacco di Palermo” che appare riduttivo ricondurre solamente a politici e mafiosi. Abbiamo un nutritissimo gruppo di palermitani che divengono di un tratto “sordi e ciechi”, come è entrato nei modi di dire del parlato palermitano.
In riferimento all’universo femminile, è particolarmente variegato quello che si associa al potere mafioso. Accanto alla moglie ossequiosa che segue il marito nella buona e nella cattiva sorte, si hanno donne che hanno svolto ruoli cruciali nella gerarchia, a volte persino sostituendosi al coniuge nell’ordinare delitti. Altre donne si vendicano armate di coltello in mano, donne guerriere disposte ad ammazzare ed a farsi ammazzare per poi farsi il segno della croce. Si assiste a veri e propri duelli rusticani di donne “d’onore” e di figli che seguono le orme dei padri.
Nel mondo mafioso si esplicita una pseudo civiltà siciliana; come ebbe a dire il Giudice Lo Forte:
“Un mondo di lutti, latitanze, angosce quotidiane, patti scellerati, processi, anni e anni di carcere e figli che nascono nella cultura della sopraffazione”.
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