Il colore della memoria di Care Santos

Le aspettative del lettore, si sa, sono soggettive e mutevoli, ma la personale esperienza di lettura non toglie obiettività e coerenza al romanzo che narra i suoi drammi, tra crescite e disfatte, nella migliore tradizione della letteratura dinastica.

Violeta Lax ha tante storie da raccontare, ha molte cose da dire e lo fa, a tratti, in modo sorprendente.
Il romanzo Il colore della memoria di Care Santos (Salani, 2012) rimane comunque impegnativo e complesso. A ben vedere, il racconto è incentrato sul tema dell’identità che attraversa luoghi e persone, domina un’epoca e si intreccia con disinvoltura ai diversi livelli di interpretazione: sociologica, psicologica, storica e politica.
Il ricordo del quotidiano viene ricostruito e documentato meticolosamente da Violeta la quale, essendo nipote del grande pittore Amadeo Lax, ha l’occasione di assumere la Direzione del prestigioso Museo dedicato alle celebri opere del nonno, e quasi per caso si troverà a scoprirne l’identità spezzata: un pittore talentuoso quanto stravagante, esempio di persona immorale e infame, amante fragile e marito disaffettivo.

A un certo punto, il romanzo si tinge di giallo: durante i lavori di ristrutturazione dell’imponente casa dei Lax , destinata ad ospitare il celebre Museo, viene rinvenuto il cadavere di una donna, insospettabilmente murata all’interno di una stanza.
Si aprono le indagini, emergono ombre, dubbi e dettagli variamente diluiti nel corpo della storia, appesantiti tuttavia in vicende estemporanee prive di fluidità, con effetti dispersivi.
Il delitto troverà il suo epilogo, il Museo sorgerà sulle vecchie impalcature e sui segreti sepolti, sugli echi del passato, sul dolore e sulla miseria dei ricchi, spesso peggiore di quella dei poveri.

L’ambientazione restituisce fedelmente l’immagine della Spagna fiorente dei Grandi magazzini El Siglo negli anni Trenta, alternandosi a moderne incursioni via mail che caratterizzano la fitta corrispondenza tra Violeta e sua madre, scelta stilistica discutibile adatta all’approccio della voce narrante, regista costante di eventi trasversali, che riserva un finale nostalgico e solitario.