Il diavolo. Tentatore innamorato
- Autore: Jacques Cazotte
- Casa editrice: Donzelli
L’opera "Il diavolo. Tentatore. Innamorato" (Roma, Donzelli editore, 2005), oltre al racconto di Camilleri di cui già mi sono occupato, accoglie quello di Jacques Cazotte.
Intitolato Il diavolo innamorato (pubblicato in Francia nel 1772 e definitivamente stampato nel 1876 con un epilogo diverso dal precedente), questo racconto è l’espressione dell’interesse maturato attorno al tema del diabolico in Francia e nell’Europa dell’illuminismo.
La trama si svolge in un’atmosfera di evocazioni e scongiuri, di apparizioni e metamorfosi così misteriose da vanificare il confine fra il possibile e l’impossibile, il sogno e la realtà. L’incontro prodigioso fra Belzebù ed Alvaro, il protagonista che alcuni negromanti avrebbero voluto beffeggiare e ridurre a schiavo della loro volontà, avviene in una caverna. Di continuo il diavolo, senza farsi riconoscere, cambia aspetto. Dapprima fa la parte del servo per compiacere al suo padrone. Si muta poi in cammello, e da questi in cagnetta. E’ alla fine che prende l’aspetto di una suonatrice d’arpa in un salone di marmo screziato. Lei, oltre a suonare, canta e, innamorandosi di lui, l’accompagna nelle diverse peregrinazioni. Nel corso della narrazione, tanto fluida quanto accattivante, un dialogo fra i due rivela l’identità effettiva della donna. Lei, chiamata Biondetta, gli svela le trame degli amici e, tessendo elogi per la determinazione da lui assunta nelle decisioni, lo informa della sua vera natura:
“Io sono Silfide di origine, e una delle più illustri”
Poi apertamente, quasi come accadeva alle divinità pagane, gli confida il suo amore:
“Mi è permesso prendere un corpo per associarmi a una persona dabbene: eccola, l’ho trovata”.
Avrebbe perduto, riducendosi allo stato di donna, le prerogative delle Silfidi, ma in cambio avrebbe amato per essere amata. Infine, gli dichiara una assoluta fedeltà:
“Servirò il mio vincitore; lo istruirò riguardo alla sublimità del suo essere, di cui ignora le prerogative: sottometterà a noi, assieme agli elementi di cui non avrò più il comando, gli spiriti di tutte le sfere. E’ nato per essere il re del mondo, e io sarò la regina, la regina che lui adora”.
Ad Alvaro sarebbe così spettato il dono del dominio della conoscenza a condizione che si fosse donato per sempre a lei, donna per sua scelta e assetata d’amore per lui. Intrigante sia l’episodio in cui Alvaro si intrattiene a parlare con delle chiromanti per sapere dei suoi rapporti con lei, dei suoi timori, delle sue speranze sia il successivo giuoco delle metamorfosi. Spaventoso sogno quello di Alvaro, già strumento nelle mani dell’“avversario”? Chimere quelle generate nel suo cervello? L’epilogo, affidato alle convinzioni di Quebracuernos (in italiano dice la nota “don Rompicorna”) offre una inaspettata chiave di lettura. Ecco un brano del discorso di costui:
“E bisogna ammettere che, dall’epoca in cui questi grandi uomini hanno scritto, il nostro nemico ha prodigiosamente affinato il modo di condurre i suoi attacchi, approfittando dei sotterfugi che gli uomini di questo secolo impiegano a vicenda per corrompersi”.
Il diavolo di Cazotte non alimenta paure e nemmeno si mostra come tiranno. Egli è tentatore che vuole sedurre, ma anche corruttore che adopera strategie per facilitare il corso delle meschinità umane e che rinnova i suoi attacchi appena gli si dà l’occasione per farlo. Di piacevole lettura il testo, racconto di “desiderio”: carnale e di conoscenza non comune ai mortali.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il diavolo. Tentatore innamorato
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