Il fiordo dell’eternità di Kim Leine

"Il fiordo dell’eternità " è un romanzo scandinavo diverso dai soliti gialli, sia per le dimensioni sia per il contenuto, a metà tra romanzo storico e romanzo di formazione e Kim Leine come autore è una rivelazione.

Groenlandia 1700. Quale terra è più sperduta? Non è più la terra verde del Medioevo, il clima è cambiato, ma la Danimarca ha deciso di farne una sua colonia e soprattutto di convertire al cristianesimo quegli orribili Inuit e perciò manda loro dei missionari. Uno di questi missionari è Morten, un uomo nato in uno sperduto villaggio, ma che ha studiato teologia a Copenaghen, però anche attratto dalla medicina e dalle dissezioni di cadaveri; è amante di Abelone, una ragazza di buona famiglia, ma è anche attratto da un ermafrodita nelle taverne della città: un tipico figlio dell’Illuminismo.
Dopo aver lasciato Abelone, Morten per sfuggire se stesso, accetta di convertire gli Inuit, si trova però in una società pagana che lo fa impazzire tanto che non può sopportare il dolore di aver fallito la sua missione e ritorna in patria, dove però la situazione è cambiata. Abelone è diventata matta dal dolore e a lui non resta più nulla.

Il finale non lo racconto per non rovinare la sorpresa ai lettori, ma in questo racconto è il personaggio ad essere interessante. Morten è un uomo dotto e razionale, ma i suoi studi non basteranno a superare la fascinazione di una società tribale che i danesi cercano di annientare (e di questo lui si rende conto).
Il progresso rende gli uomini più felici? La ragione basta a illuminare le menti? E le menti vogliono essere illuminate o ci vuole anche il cuore? Sono domande che Morten si pone e anche noi dovremmo considerare.

Un romanzo inquietante in cui si incontrano e si scontrano civiltà diverse e perciò molto attuale, ma che non mi ha convinto fino in fondo. La seconda parte l’ho trovata piuttosto slegata rispetto alla prima, il cambio di prospettiva troppo brusco.
Lettura interessante, pur con le riserve che ho riscontrato.