Il giallo del Tour
- Autore: Beppe Conti
- Genere: Sport
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
“Quanta strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali... quegli occhi allegri da italiano in gita, tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano.” La fantasia acustica del cantautore Paolo Conte ha interpretato in modo inarrivabile l’amaro ingoiato dai cugini d’oltralpe a ogni vittoria di uno straniero, nell’osannata corsa a tappe nazionale. Non ne parliamo se in maglia gialla si affermava un italiano, poi. Centoventi anni di “Grande Boucle”, infinite storie e mitiche leggende in un sapido libro di Beppe Conti, prima firma del giornalismo sportivo e del ciclismo. Il giallo del Tour. Trionfi e tragedie, segreti e misteri della corsa più importante del mondo dal 1903 ai giorni nostri è stato proposto nei primi dell’anno da Minerva Edizioni, con tre suggestive gallerie di immagini in bianco e nero e tante a colori, scatti tra il 1903-39, 1947-60, 1961-2023.
Il testo si ferma alla scorsa edizione del “grande ricciolo” (perché il tracciato di tutte le tappe disegna sulla cartina della Francia per l’appunto un ricciolo, una boucle). Pubblicato in netto anticipo sulla popolare competizione 2024, il volume non ha potuto prendere in considerazione il 111° Tour de France, concluso a Nizza lo scorso 21 luglio e stravinto da Tadej Pogačar, che si è aggiudicato anche la proibitiva accoppiata Giro d’Italia - Giro di Francia ventisei anni dopo l’ultimo ad averla fatta sua, il nostro Marco Pantani, l’indimenticabile “Pirata” di Cesenatico.
Queste pagine del giornalista e scrittore torinese, settantatreenne da fine agosto, arrivano alle edizioni 2020-2023, dominate dalla coppia di fuoriclasse e rivali - con impeccabile fair play - formata dallo sloveno Pogi e dal danese Jonas Vingegaard, irraggiungibili dagli altri. Fino ad allora e dall’inizio del Novecento, ecco misteri, segreti e retroscena gustosi, in parte inediti, di una corsa che è cresciuta in prestigio internazionale diventando un megaevento mondiale extrasportivo. Vittorie epiche, sconfitte rovinose e a volte beffarde, il Tour ha talmente tanto da raccontare dei mitici protagonisti che si fa fatica a scegliere.
Il primo nome sull’Albo d’oro, Garin, suona transalpino ma parlava valdostano, per quanto Maurice abbia rinnegato l’Italia per la Francia. Non correva buon sangue tra cugini-coltelli: nella seconda edizione, segnata dalle scorrettezze folli di alcuni ciclisti (c’era chi sfruttava di notte treni e auto, altro che pedalate), Giovanni Gerbi venne preso a bastonate dai francesi. La corsa si salvò comunque, ripartì ogni anno e si fecero avanti i primi campioni su due ruote, iellati invece nella vita. Il parigino René Pottier si suicidò misteriosamente. Petit-Breton, Lapize, Faber caddero nella Grande Guerra. Cattiva sorte anche per altri due trionfatori successivi: la folle tragedia di Ottavio Bottecchia è ancora avvolta dal mistero e il grande Henri Pélissier, il più celebre di tre fratelli, venne ucciso dalla giovane amante con la pistola usata dalla moglie due anni prima per suicidarsi.
La “maglia gialla” venne introdotta nel 1919 a individuare il primo in classifica, ma forse era già presente nel 1913. Nel 1930, la svolta: il Tour crea le squadre nazionali e decolla come evento. Nasce la leggenda dei tricolori d’Italia, diretti da Alfredo Binda.
Nel 1948, i successi di Bartali distrassero gli italiani in un momento difficile per la neonata Repubblica dopo l’attentato a Togliatti. Non è vero che De Gasperi telefonò al campione toscano, ma è verissimo che nonostante l’infinita rivalità “Ginettaccio” offrì una ruota a Coppi dopo una foratura. Episodio più significativo del raccontatissimo passaggio di borraccia sulla strada verso il Galibier, un gesto sollecitato dal fotografo milanese Carlo Martini e pubblicato su “Lo Sport Illustrato” per illudere gli italiani che, nonostante le polemiche feroci nel Tour, il Gino e il Fausto nazionali andavano d’amore e d’accordo.
La formula per nazionali tramontò perchè i francesi vivevano antagonismi feroci fra i loro idoli, Anquetil, Rivière, Geminiani, Bobet, Anglade, Poulidor. Da segnalare le vittorie di Gastone Nencini nel 1960 e di Felice Gimondi nel 1965, prima dell’avvento di Eddy Merckx, “il Cannibale”, inarrivabile per anni. Dopo Marco Pantani, nel 1998, l’ultimo italiano maglia rosa a Parigi è stato Vincenzo Nibali nel 2014, che ha portato a dieci i successi tricolori nel Tour. Pensate che la Francia non vince la sua corsa dal 1985, con Bernard Hinault.
Da segnalare le singole imprese esaltanti e i piazzamenti in classifica di Chiappucci e Bugno, che tuttavia dovevano inchinarsi allo spagnolo Miguel Indurain, imbattibile a cronometro (quelle vinte dal Navarro non certo di quasi 100 km a tappa, come ai tempi di Coppi, anche 137) e resiliente in salita. Tra le tragedie, prima la caduta mortale del giovane Fabio Casartlelli in discesa dal Colle di Portet-d’Aspet nel 1995, poi la morte in corsa dell’inglese Simpson, stroncato da un mix di anfetamine e superalcolici sul Mont Ventoux, il 13 luglio 1967. Episodio di doping, la pratica scandalosa, che in avvio del Duemila ha rischiato di stravolgere tutto. Spazzati via i sette Tour di Lance Armstrong, squalificati diversi altri, anche a posteriori: Landis, Riccò, Rasmussen, Basso, Ullrich. Ma come scrive Beppe Conti,
Per fortuna il ciclismo ha saputo vincere la dura lotta contro le frodi e ha potuto superare la bufera.
Si arriva a oggi, nel 2024, alla prima storica partenza dall’Italia, a Firenze, Rimini, Cesenatico, Bologna, Piacenza, Torino, Pinerolo e ai protagonisti Pogačar, Vingegaard, il belga Evenepoel, van der Poel, Van Aert e tanti altri che faranno vivere nuove emozioni nel Tour de France,
tra trionfi e tragedie, imprese e retroscena, segreti e misteri dei tantissimi protagonisti di una splendida e talvolta folle avventura che si spera non abbia mai fine.
Il giallo del Tour. Trionfi e tragedie, segreti e misteri della corsa più importante del mondo dal 1903 ai giorni nostri
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