Il giardiniere del re
- Autore: Philippa Gregory
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2016
Il volume “Il giardiniere del re” (Sperling & Kupfer, 2016, titolo originale Earthly Joys, traduzione di Marina Deppisch) è il primo libro di un dittico che rievoca l’esistenza di John Tradescant (1570 - 1638), naturalista, botanico, collezionista e viaggiatore britannico, scritto dalla giornalista radiotelevisiva e autrice inglese Philippa Gregory che ha firmato alcuni dei romanzi storici più letti al mondo.
Aprile 1603. Inghilterra, Palazzo di Theobalds di proprietà di Sir Robert Cecil, I Conte di Salisbury (1563-1612), “l’uomo più importante del regno”. Il dovere di John Tradescant era di essere
“cuore e anima del suo signore, amare ciò che lui amava, pensare ciò che lui pensava, seguirlo, se fosse stato necessario, fino alla morte senza alcuna riserva”.
Ma John dimenticava tutto quando si trovava nel giardino di Theobalds, del quale si prendeva cura in modo quasi maniacale, giacché quegli appezzamenti di terreno straordinariamente fioriti erano il regno di John, il cui talento era straordinario. Il Segretario di Stato e Travenant stavano passeggiando ammirando i narcisi. Entrambi sulla trentina, se il cortigiano, alto poco più di un metro e mezzo, era piegato sotto la gobba e aveva il volto segnato dal dolore fisico e da una vita a corte costellata di sospetti e intrighi, il giardiniere, volto abbronzato e schiena forte, dimostrava dieci anni di meno. Sir Robert Cecil, la cui famiglia era la più vicina al trono, sapeva che Tradescant era l’unico del suo seguito che gli avrebbe detto la verità mentre tutti gli altri dicevano quello che ritenevano avrebbe voluto sentirsi dire.
“Era uno degli svantaggi della sua alta carica e della sua smodata ricchezza”
accumulata durante il lungo regno di Elisabetta I nel ruolo di consigliere. Il giardiniere, uomo privo di malizia e leale, era alle dipendenze di Sir Robert dal giorno in cui Cecil gli aveva affidato i giardini del Palazzo di Theobalds. Un compito enorme per un giovane di ventiquattro anni ma Sir Robert aveva scommesso su John. Giovane egli stesso, in ansiosa attesa di ereditare il posto a corte del padre William, desideroso di veder riconosciuti i suoi meriti e le sue capacità da uomini più vecchi e potenti. Se Cecil aveva rischiato con Tradescant, la regina Elisabetta aveva rischiato con lui. Ora sei anni più tardi, entrambi
“avevano appreso la loro arte, l’abilità politica e il giardinaggio, e Tradescant apparteneva a Sir Robert anima e corpo”.
Quello era un giorno cruciale, stava per arrivare a Theobalds
“il nuovo glorioso re d’Inghilterra consacrato da Dio”
Giacomo I, e l’accoglienza sarebbe dovuta essere perfetta, splendida, memorabile. Anche per questo le cucine del palazzo erano in fermento, i cuochi preposti alle carni stavano sudando e i mastri pasticceri erano nervosi e ricoperti di farina. Metà Paese era uscito in strada per vedere che uomo fosse il nuovo re, accompagnato dall’intera corte reale, centocinquanta nobili inglesi, più la corte scozzese (Giacomo era figlio di Maria Stuarda, ex Regina di Scozia, fatta decapitare da Elisabetta nel 1587), attratta a sud dalla promessa di arricchirsi senza colpo ferire nei sontuosi palazzi inglesi. Il cortigiano e il giardiniere presto avrebbero scoperto che Giacomo I, uomo robusto, burbero e “neppure troppo pulito”, aveva una speciale predilezione per i bei giovani e per il bere. Osservando Giacomo I da lontano, Tradescant aveva pensato alla corte della regina Elisabetta, dove c’erano state certamente vanità e ricchezza,
“ma anche la rigida disciplina di un’autocratica che negandosi il piacere per prima, aveva preteso una corte altrettanto casta e morigerata”.
Quella sera John Tradescant non avrebbe mai potuto immaginare che egli stesso, nato in una famiglia di umili origini, sarebbe diventato il coscienzioso e silente depositario dei segreti della corte di Carlo I, figlio di Giacomo e suo successore, il cui regno si sarebbe concluso tragicamente.
“Il mio lavoro è quello di creare ordine per il piacere del mio signore”.
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