Il giardiniere inglese
- Autore: Masolino D’Amico
- Casa editrice: Skira
- Anno di pubblicazione: 2013
“Lei vuole raccontare la storia di un architetto di giardini – per non dire del più grande architetto di giardini di ogni tempo”.
Il professore di Cambridge, anzi il prototipo degli insegnanti del famoso ateneo britannico, la cui nobile figura s’integrava perfettamente nel paesaggio inglese, così aveva definito Lancelot Capability Brown (1716 - 1783), celebre paesaggista che aveva contribuito a scrivere un capitolo importante della storia del gusto e della società inglese del Settecento. Henry De Witt III, giovanottone americano di Baltimora, era giunto a Cambridge per chiedere al professore di raccontargli vita e opere del Master Gardener Brown, creatore di 170 parchi, inventore del caratteristico paesaggio inglese come lo vediamo ancora oggi nei giardini reali di Windsor e di Hampton Court a Londra. A quale scopo?
“Ecco, al momento di tutto quanto si produce in Inghilterra quello che va fortissimo sono le fiction ambientate nel classico paesaggio british”,
fiction come Downtown Abbey si vendono in tutto il mondo, perché il pubblico televisivo impazzisce quando vede prati verdissimi, alberi secolari e grandiose ville di campagna. Quindi perché non rendere commerciabile ed esportabile le vicende di Capability Brown, capo giardiniere di Re Giorgio III, una sorta di orgoglio nazionale britannico?
In una sera di fine ottobre del 2011, dotato di un piccolo registratore, spento il Blackberry, De Witt III, aspirante scrittore di cinema si preparava ad ascoltare le gesta di un uomo affidabile e diplomatico, che andava d’accordo con tutti, colui il quale aveva saputo creare in un vasto appezzamento di terreno luoghi “dove la natura potesse sfogarsi senza costrizioni”. Tutti sanno che i giardini sono sempre stati una passione degli inglesi “e non solo di quelli ricchi che impiegarono Capability Brown”, aveva iniziato il compassato professore, prima di aver aperto sulla sua scrivania una serie di splendidi libri illustrati che mostravano foto patinate con spettacolari vedute di angoli di Inghilterra rurale. Dopo i giardini privati all’italiana (vialetti squadrati e aiuole schematiche) voluti dall’aristocrazia britannica dopo il ritorno dall’esilio in Francia e l’incoronazione di Carlo II alla fine del Seicento, nel secolo successivo si era sentita la necessità di non imporre costrizioni alla terra ma di assecondarla con garbo. Far nascere una sorta di spontaneità controllata, uno spazio libero, dove i modelli di giardino erano quelli ammirati nelle tele di pittori decorativi del XV Secolo come Claude Lorrain e Salvator Rosa. Luoghi immaginari, fantasiosi ma realistici, con boschi lussureggianti e radure, semmai allietati da un tempietto greco: una natura vivibile, esuberante e selvaggia. Proprio come l’aveva descritta Alexander Pope nel poemetto Windsor Forest (1713):
“Qui colli e valle, boschi e pianura, qui terra e acqua sembrano di nuovo in conflitto, non cozzandosi e ammaccandosi come nel Caos, ma come nel mondo, armoniosamente mischiati: qui nella varietà vediamo l’ordine, e qui le cose, benché tutte diverse, tutte vanno d’accordo”.
Si trattava del landscape, del quale Brown fu un maestro, quel paesaggio di origine olandese che indicava le vedute dipinte o le scenografie teatrali, un paesaggio reale, “la natura come un bel quadro dipinto dall’uomo incorporando la natura stessa”.
Masolino d’Amico, giornalista, scrittore, sceneggiatore e traduttore ci conduce con mano raffinata nel mondo di Lancelot Capability Brown (la sua parola preferita era fine capabilities che stava a significare che il posto avrebbe belle possibilità), nato nel Northumberland da modesta gente di campagna, ambizioso “ma che si comportò sempre con molta discrezione”. L’anglista rievoca con maestria il secolo dell’equilibrio e una figura straordinaria di uomo il quale seppe intuire che l’architettura di paesaggi era un’arte nella quale il Master Gardener doveva creare senza farsi notare esaltando il gusto e il censo dei grandi latifondisti per i quali il bel paesaggio era uno status symbol. Nel ritratto dipinto da Nathaniel Dance, Lancelot ci osserva offrendoci un mezzo sorriso con i suoi occhi scuri e penetranti. In testa Brown porta la parrucca incipriata dei gentiluomini e sembra voglia dirci che il giardino perfetto è quello dove prevale il senso di libertà della natura. Una libertà che ovviamente l’uomo controlla semmai inserendo un ha – ha ovvero un recinto invisibile, una siepe interrata che genera appunto sorpresa e che fa esclamare: ”Toh! Ha! Ha!”.
“Ho passato due ore nel giardino l’altro giorno... col mio amico Mr Brown. Mi ha detto che paragonava la sua arte alla composizione letteraria”.
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