Il gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello
- Autore: Matteo Collura
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: TEA
- Anno di pubblicazione: 2013
Dolcissima e colta la biografia di Pirandello narrata da Matteo Collura nel libro Il gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello, edito da TEA libri nel 2013. Perché di un racconto si tratta, di un ampio e lungo racconto sapientemente costruito e accortamente documentato che ha la magia dell’incanto da cui affiorano stati d’animo e sentimenti a cominciare dal “Prologo” in cui appare Marta Abba dopo cinquant’anni dalla morte del noto commediografo, poeta e scrittore agrigentino. Sembra di vederla in quel 9 novembre 1986:
L’attrice era stata invitata dalla Princeton University, alla quale aveva donato le cinquecentocinquantadue lettere che Pirandello le aveva scritto dal 1925, anno in cui si erano conosciuti, alla fine del 1936, anno della sua morte.
Lei, che fece il suo ingresso nella sala su una sedia a rotelle spinta dalla sorella Cele, ne lesse una. Lesse un brano di una lettera scrittale da Berlino il 24 maggio 1930. Benché provata, ma non vinta, dai suoi ottantasei anni, commosse l’uditorio, ed era bastato quel brano per testimoniare la dolorosa grandezza dell’artista.
Ci si trova dinanzi a un libro forse meno conosciuto, ma di cui si dovrebbe tener conto perché l’autore si cala nella psiche del famoso personaggio, illustrando in modo disinvolto le oscurità, i vissuti messi a dura prova dalla vita, nonché gli intendimenti artistici e familiari. L’opera ha qualità letterarie: ricca di echi, di corrispondenze, di una risonanza sempre più profonda che si dispiega in plurime narrazioni con le inevitabili solitudini, angosciose fragilità e tormenti provocati a Pirandello in massima parte dalla follia della moglie, Antonietta Portolano: donna sfortunata che era stata rinchiusa in una clinica per malati di mente.
Le notizie non finiscono di sorprendere per la conoscenza approfondita che il narrante ha delle opere dell’agrigentino, suo conterraneo, di cui si serve per legarle alla vita di questi, seguendo e approfondendo il metodo di lavoro già utilizzato dal biografo Federico Vittore Nardelli.
L’accostarsi all’animo di Pirandello, al suo mondo e al suo modo di vedere la realtà attraverso i suoi scritti le dà certamente valore: un’opera del tutto singolare per la conoscenza dell’uomo troppo umano e dello scrittore in perfetta simbiosi tra loro.
Matteo Collura insomma sa leggerlo attraverso la sua vita che si fa scrittura per una complicità che intreccia allusioni, evidenze, esperienze, ostracismi anche da parte del regime fascista al punto da provocargli una mania di persecuzione (basti pensare alla gazzarra organizzata al Teatro Reale dell’Opera di Roma, contro il libretto da lui scritto per la musica del Maestro Malipiero, La favola del figlio cambiato).
Nel viaggio per Stoccolma, in occasione del Nobel, Pirandello è l’uomo solo e piangente, privo della presenza di Marta impedita a partecipare alla cerimonia per un incidente occorso al proprio padre. Utilizzando le lettere a Marta, vengono date diverse e concrete immagini nel loro farsi e disfarsi. L’amore per lei era puro, non doveva acquistare “forma”, vale a dire che il rapporto:
Non doveva essere consumato fisicamente, pena la sua dissoluzione.
Sugli intrighi messi in atto dal Duce con cui Pirandello si era incontrato, si legge:
Ma era il caso di fidarsi di una volpe come quella? Quante volte la sua ostentata benevolenza si era rivelata una maschera del suo cinismo? Era il marzo di quattro anni prima quando Pirandello aveva avuto la prova dei loschi raggiri che lo riguardavano. Storia vecchia, le spregevoli trame del Duce. Nell’ormai lontano 1926 aveva trafficato perché Grazia Deledda venisse premiata a Stoccolma, proprio per evitare che l’ambito riconoscimento andasse a lui.
A Stoccolma avviene l’incontro con Selma Lagerlöf, Premio Nobel per la Letteratura nel 1909, che aveva scritto il romanzo I miracoli dell’anticristo in cui si racconta, in Sicilia all’inizio dell’Ottocento, una cupa storia: protagonisti gli zolfatari le cui lotte sindacali avevano sconvolto equilibri secolari.
Un che di imprevedibile e il gioco del caso scandiscono le tappe della vita di Pirandello come “arte della fuga”. Ecco la novella Tra due ombre in cui il Nostro biografo vede i dati salienti. Veritieri i riscontri “spiattellati senza alcun velo”, cioè senza alcun pudore, sul rimpianto, nonché sul ricordo di “un’opportunità mancata”.
Il riferimento va anche alla novella Vexilla Regis, di cui viene citato il brano rievocativo della donna amata, corrispondente alla Jenny Schulz-Länder cui Pirandello a Bonn si era legato.
C’è anche il richiamo alla novella La levata del sole, dove si scorge la traccia del suicidio romantico del marito di Alvina Länder, la madre di Jenny. Marta, col sorriso dalla sapiente malizia, è al centro dei suoi pensieri:
La cercava dovunque, le scriveva continuamente, l’asfissiava di consigli, sfoghi, preoccupate richieste di notizie, minacce di suicidio.
Centrale il ricorso alle lettere che Pirandello le inviava: le scriveva spesso parole dettate da uno “straziato amore” come se parlasse a se stesso con la consapevolezza “dell’impossibilità della passione da cui si era lasciato invadere”.
Viene anche dato spazio alla relazione di don Luigi con i familiari: per esempio, con il figlio Stefano che l’aveva collaborato nella stesura della commedia Non si sa come: un dramma in tre anni del 1934, ispirato dalle novelle Nel gorgo (1913), “La realtà del sogno” (1914) e Cinci (1932), messo in scena a Praga, e il 13 dicembre 1935 al Teatro Argentina di Roma.
Il commento di Collura è circostanziato e articolato e una sua riflessione è lapidaria:
Si può vivere non soltanto un momento ma l’intera esistenza “senza sapere come […] Ma prima o poi la coscienza si sveglia e con essa la consapevolezza di cosa è stata la propria vita. E’ allora che il vero mistero dell’esistere su questa terra sembra svelarsi, illuminato dallo stupore innocente dell’infanzia.
Ciascuno degli otto capitoli, e l’epilogo, di cui l’opera si compone, offre conoscenze anche inedite su cui varrebbe la pena soffermarsi dicendo per esempio qualcosa sulla lettera, particolarmente severa, scrittagli dal figlio Fausto.
Toccante il commento che fa vedere un Pirandello angosciato per il peso della vecchiaia (“un uomo solo e senza speranza”) e derealizzato con i familiari (“I nostri figli non hanno il loro nonno”).
Andiamo ora al titolo Il gioco delle parti: titolo estratto dall’omonima commedia in tre atti (portata in teatro nel 1918), tratta dalla novella Quando si è capito il giuoco del 1913 e citata anche nei Sei personaggi in cerca d’autore, in cui il gruppo teatrale che anima il dramma sta appunto facendo le prove per tale commedia.
Ma il gioco delle parti, di cui si parla nel capitolo Due fantasmi in cerca d’autore, potrebbe riferirsi all’incontro, dopo quattordici anni, di Pirandello con Antonietta, voluto da Stefano. Luigi sta forse al gioco, sembrando meravigliato nel rivedere la moglie.
E il gioco potrebbe consistere nel “voler fingere”:
un segno di quanto […] la vita di Pirandello fosse considerata teatro essa stessa, recita, finzione; una realtà venuta perfettamente a coincidere con quella, a essa parallela, della letteratura, di cui il teatro è significativa espressione.
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