Il giornalismo culturale
- Autore: Giorgio Zanchini
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carocci
La sparizione delle recensioni dalle pagine dei quotidiani rende l’idea del restyling peggiorativo toccato al giornalismo culturale. Anche le “terza pagine” - quelle deputate per antonomasia ad ospitare gli elzeviri e i fatti di cultura - non ci sono più, o non sono più come prima, rimpiazzate da veline (le circolari degli uffici stampa, a chi stavate pensando?) e redazionali sotto mentite spoglie di pastone informativo: notizia + gossip (se c’è non guasta mai) + manciata di virgolettati di sostegno. Commenti quasi zero: quelli sono appannaggio delle info di politica e dei soliti noti con barba e/o alopecia comprese nel prezzo radical-chic (e va bene, ho estremizzato un po’).
Da una ventina d’anni in qua "tirano", inoltre, gli allegati ai quotidiani: per riferirci a quelli culturali ne sfogli uno e li hai sfogliati tutti: uno sguardo agli esteri, uno all’attualità, un po’ di costume-cinema-letteratura, qualcosa di moda e design, tanta televisione e spettacolo (compreso lo spettacolo del cinema e della letteratura che è cosa ben diversa dal cinema e dalla letteratura), e da che crisi è crisi spazio anche all’economia, che anche la casalinga di Voghera (quella che continua a non arrivare mai alla fine del mese) adesso mastica di spread, euro bond, ecc.
Non per metterla sul nostalgismo canaglia, ma c’è stato un tempo in cui Moravia scriveva di film sul settimanale "L’Espresso" e Pasolini lo faceva sul "Corriere della sera"; oggi tocca accontentarsi di Lodoli, Ammaniti, Piperno e dell’immancabile Aldo Nove, perché questo passa il convento culturale e in giro c’è comunque assai di peggio.
Sulle orme di quel che resta della cultura stampata e parlata tra giornali, rete e tv, torna legittimamente Giorgio Zanchini, ri-editando nel 2013 per Carocci “Il giornalismo culturale” (prima edizione 2009), esplorazione aggiornata all’attualità di tweet e blog, di genesi-evoluzione-sviluppo-mutazione dell’infotainment culturale: dalle pioneristiche gazzette letterarie di inizio Novecento al surplus (finto) informativo che transita per i nostri anni affollati/omologati (e pavidi).
Attenti però che il libro non si legge come un pamphlet autoreferenziale: l’esposizione è asettica, quasi accademica, riferisce passo passo dei modelli e delle fisionomie mediatiche (quelli che erano, quelli che sono), ci mette dentro svariati numeri e diversi nomi (di giornali e giornalisti) di supporto, compara i format e i punti di riferimento, soprattutto anglosassoni, e il giudizio finale (udite! udite!) lo lascia al lettore. Chapeau: l’esito è esaustivo, pregnante, discendente da studio e analisi oneste, affatto livorose, in controtendenza al taglio giornalistico - compreso quello culturale - invece dicotomico (o innocuo/superficiale o muscolare e in malafede).
Il giornalismo culturale
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