Il mio nemico mortale
- Autore: Willa Cather
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2017
Fazi nella collana Le strade riedita, con una nuova traduzione di Stefano Tummolini, “Il mio nemico mortale” (2017, titolo originale My Mortal Enemy), volume che la scrittrice statunitense Willa Cather (Winchester, 7 dicembre 1873 - New York, 24 aprile 1947) pubblicò per la prima volta nel 1929.
“La prima volta che incontrai Myra Henshawe avevo quindici anni, ma ricordavo di averne sempre sentito parlare. Lei e la sua fuga d’amore erano uno degli argomenti più interessanti - l’unico interessante, direi - di cui si conversava in casa, durante le vacanze o le cene di famiglia”.
In questo romanzo breve, il più drammatico della scrittrice Premio Pulitzer 1923 con One of Ours, l’adolescente Nellie Birdseye osserva con sguardo curioso e partecipe l’originale personalità di Myra Driscoll.
“La più carina e la più brillante”
amica d’infanzia della madre e della zia di Nellie tornava nel Sud dell’Illinois, a Parthia, la sua cittadina natale, dopo la fuga con Oswald Henshawe, per amore del quale aveva rinunciato a un’immensa fortuna. Era quello l’anno in cui Nellie finiva le superiori e all’epoca Myra aveva sui quarantacinque anni. La coppia era giunta da New York all’inizio dell’autunno avvisando con un telegramma all’ultimo momento. Il marito di Myra lavorava per la filiale newyorkese di una compagnia ferroviaria dell’Est e stava venendo a Ovest per affari, così i due intendevano fermarsi a Parthia un paio di giorni.
“Lui avrebbe alloggiato al Parthian - così si chiamava il nostro nuovo albergo; lei sarebbe andata a stare da zia Lydia”.
Nellie era la nipote preferita di Lydia, quindi la sera della cena prevista dove gli Henshawe sarebbero stati gli anfitrioni, la zia aveva chiesto a Nellie di arrivare prima per presentarle Myra.
“Tu devi essere Nellie, la nipotina del cuore di Lydia. Ho sentito tanto parlare di te! E ormai dovresti avere quindici anni - anche se l’aritmetica non è il mio forte… Dico bene?”.
Myra aveva una voce solare, allegra e cordiale, inoltre gli occhi grigi, profondi e scintillanti sembravano scrutare l’adolescente da cima a fondo, come se fosse sotto esame. Ecco dunque Myra Henshawe, la cui vita
“ci appariva tanto varia e avventurosa, quanto monotona era la nostra”, il cui “sarcasmo era così folgorante, andava così dritto al punto che sembrava di essere colpiti da un metallo rovente, o forse ghiacciato”.
Al contrario di sua moglie, Oswald Henshawe, occhi scuri e dolci, baffi, lunghi e flosci, all’inglese, riusciva a indurre il prossimo a svelarsi, proprio perché non incuteva soggezione. Una coppia perfetta quella formata da Myra e Oswald, il cui simbolo era rappresentato dall’appartamento newyorkese al secondo piano di una vecchia casa di arenaria sul lato nord di Madison Square. Mura solide, soffitti alti, gli ampi caminetti, grandi porte, profonde finestre con tende, lunghe e pesanti. Sedie di velluto di un meraviglioso color prugna, simile al viola dei frutti maturi. La fodera delle tende, invece, era di un crema intenso, lo stesso della polpa che si cela sotto la buccia bluastra dei fichi maturi. Un palcoscenico ideale per due sposi amorevoli e rispettosi l’uno dell’altra, ma lo sguardo acuto di Nellie avrebbe saputo cogliere cosa si celava dietro quest’apparente serenità fatta di buone maniere.
“Quando la gentilezza, anche per pochi istanti, abbandona le persone, esse ci spaventano, quasi avessero perduto la ragione. E quando abbandona un luogo in cui l’abbiamo sempre incontrata, ci sembra di far naufragio; da che ci sentivamo al sicuro, scivoliamo in un abisso ostile e senza fondo”.
La sensibile e bravissima Willa Cather, a lungo ingiustamente dimenticata, in queste poche pagine descrive un legame matrimoniale dove l’odio e la passione vanno di pari passo. Se è vero che “l’alba è il tempo del perdono”, allora “si può essere amanti e nemici allo stesso tempo”.
“Perché devo morire così, in balia del mio nemico mortale?”.
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