Il mistero del cinema
- Autore: Bernardo Bertolucci
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2021
Esprimo un concetto azzardato, ma le parole di Bernardo Bertolucci si prestano a pensarlo: il cinema può essere interpretato anche come un processo ontologico e gnoseologico, un cammino di conoscenza attraverso le immagini e un fare creativo, per un regista, che mima il Creatore. Non so quanti registi abbiano inteso in tal modo la loro professione, arte intuitiva e mestiere nello stesso tempo; sicuramente Federico Fellini sì, quando afferma:
"Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio."
Bello. È una citazione che sta al fianco della seguente:
"Veder nascere l’immagine cinematografica equivaleva quasi ad assistere alla nascita di un mondo, o per lo meno alla nascita di un determinato sguardo su quel mondo. Era come se qualcosa venisse insieme ordinato e scompaginato, rimesso in gioco, illuminato e finalmente compreso o non compreso nel suo mistero.”
Questa è di Bernardo Bertolucci, tratta dal suo libro Il mistero del cinema (pp. 92, 2021) pubblicato da La nave di Teseo e venduto nelle edicole insieme a "La Repubblica" del 15 marzo scorso, per omaggiare gli 80 anni che avrebbe l’artista se fosse ancora tra noi.
Misteriosa la vita e misteriosa la settima arte, come è stata vissuta da uno dei suoi esponenti più geniali. Tale la poetica e tale il messaggio, che sicuramente aiuta tutti noi smarriti a sentirci meno fragili in un momento epocale così difficile. Ancora una volta il cinema si rivela luogo di pensieri e autocoscienza, non soltanto momento di svago o di evasione.
I testi, estremamente affascinanti, sono inediti, ritrovati dalla moglie Clare Peploe (che scrive la prefazione) e sono stati stilati in occasione della laurea "ad honorem", ricevuta dal regista a Parma nel 2014.
Si tratta di un’autobiografia leggera e poetica in cui Bernardo, figlio di Attilio Bertolucci poeta (il frutto non cade lontano dall’albero... ) traccia i nodi salienti della sua vocazione artistica, nella quale è essenziale l’incontro con la macchina da presa come aiuto di Pasolini in Accattone. Segue la scoperta del cinema francese, l’adesione stilistica e contenutistica alla Nouvelle Vague, la "nuova onda" che, come si evince dal nome, vuole raccontare il flusso vitale e cogliere l’attimo, caratteristica di una generazione ricca di sogni e di fermenti.
Bertolucci vitalista dunque, e da questa propensione il regista non si è mai distaccato, sebbene il suo sguardo abbia avuto anche un importante incisivo taglio storico (un suo film per tutti in tal senso: Novecento, 1976).
Fra i numerosi successi mondiali della sua filmografia ricordo almeno tre titoli:
- L’ultimo imperatore (1987), vincitore di 9 Oscar e 4 Golden Globe;
- Piccolo Buddha (1993), nel quale il regista affronta il tema della reincarnazione, secondo la filosofia e la religione del buddhismo tibetano; la storia illumina il concetto di “karma” (ciò che siamo e saremo dipende da ciò e da chi siamo stati). Sono argomenti di fronte ai quali l’artista è rimasto pensoso, ammirato di fronte ai monaci tibetani vestiti modestamente, che puzzano di burro di yak (bue tibetano), così si espresse Bernardo una volta, ma nelle loro speculazioni raggiungono grandi altezze metafisiche.
- L’altro film famosissimo per le censure subite e l’interesse erotico suscitato nel mondo è Ultimo tango a Parigi (1972), notevole per la bravura degli attori, Marlon Brando e Maria Schneider, capaci di interpretare con stile e purezza scene scabrose.
Bertolucci sa arrivare alle vette delle grandi domande relative all’eternità, al significato misterico del "Nulla" e del "Nirvana" e sa scendere fino agli abissi del desiderio indomabile, in questo "Ultimo Tango" ingovernabile; desiderio che in fine porta al delitto. Pochi quanto lui hanno saputo sondare l’anima umana come un palombaro, esprimere pulsioni primarie e portare a galla verità spesso rimosse.
Nel libro appaiono ampie finestre sulla sua vita privata, il mondo degli affetti familiari è rievocato con tenerezza insieme all’amore per la terra natale, l’Emilia, insopprimibile. Su tutto domina la fascinazione del cinema, mistero meraviglioso. "Il cinema è accecante" scrive.
La postfazione è di Michele Guerra, che ritrae "l’ultimo Bertolucci". A volo d’uccello, e con emozione comunicata, Guerra racconta la corsa della macchina da presa del Maestro:
"Bertolucci non poteva farci lezione che così, sfidando ogni regola analitica e storiografica, costringendoci all’emozione e allo scavo semiconscio tra le consonanze formali. Ci ha portati dall’India al Lazio, dalla Cina a Parigi, fino alla Bassa padana, ci ha portato in spazi di reclusione nei quali era possibile aprirsi. Ci ha chiesto di interrogarci su che cosa lega quei luoghi: i corpi e i gesti degli uomini, delle donne e dei bambini; l’azione, anche quando non è veicolo di risoluzione della storia.”
Nel cinema l’azione è tutto, ma anche nella vita, e in oriente, in sanscrito, il vocabolo è “Karma”. Un termine che è entrato anche nelle canzoni (Occidentali’s Karma di Francesco Gabbani). Siamo il frutto delle azioni; il cinema d’autore ne dà testimonianza.
Il mistero del cinema
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