Il modernismo reazionario. Tecnologia, cultura e politica nella Germania di Weimar e del Terzo Reich di Jeffrey Herf

Jeffrey Herf, storico americano esperto di storia della repubblica di Weimar, scrisse appena trentenne un corposo saggio nel 1984, edito in Italia 4 anni dopo dal Mulino con il titolo Il modernismo reazionario. Tecnologia, cultura e politica nella Germania di Weimar e del Terzo Reich (traduzione di M. Cupellaro), polemico fin dal titolo. Studiando l’Illuminismo e i suoi epigoni, ci hanno sempre insegnato che la modernità ha seguito il pensiero razionalista settecentesco; i nostalgici del premoderno sono in genere sentimentali e pseudoumanisti. Ma le cose non sono così semplici.

Nella Germania di Weimar si svilupparono teorie conservatrici che però avallavano il progresso tecnico per scopi di supremazia e non di sviluppo. È vero, gran parte degli intellettuali di destra erano nostalgici di un’Arcadia contadina che avrebbe riportato ordine e pace in un mondo distrutto dalla Rivoluzione industriale, ma altri erano consapevoli che la tecnica avrebbe riportato alla gloria una nazione umiliata dalla Prima guerra mondiale e perciò l’abbracciarono come una ancora di salvezza. Fu un’anomalia tutta tedesca che non ebbe riscontri in altri paesi europei e che fece danni enormi, se pensiamo agli anni Trenta e Quaranta.

La tecnologia divenne un feticcio, mentre le idee degli uomini rimanevano arretrate e conservatrici, legate a un passato che poteva essere (secondo loro) riportato in vita usando gli strumenti della modernità. Sappiamo tutti come andarono le cose.
Il modernismo reazionario. Tecnologia, cultura e politica nella Germania di Weimar e del Terzo Reich è un bel saggio, ma secondo il mio parere dà troppa importanza al fattore scientifico. Le cause della deriva totalitaria della Germania degli anni Trenta, invece, furono legate al senso di rivincita del Paese e questi ideali ne furono piuttosto la conseguenza. Bel libro, da leggere con attenzione.