Il mondo vuoto
- Autore: Claudio Tommasi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2020
Un tempo remoto, un naufragio, l’approdo in un’isola nell’estremo Nord in avvio del XIII Secolo. Un territorio pressoché vergine ma desolato, che induce i due sopravvissuti a una specie di autocoscienza, a ripensare il loro vissuto, le esperienze, gli errori. Più che storico è un romanzo psicologico Il mondo vuoto di Claudio Tommasi, pubblicato alla fine del 2020 da Epika Edizioni di Valsamoggia (134 pagine).
Tommasi, ricercatore di storia del pensiero e delle istituzioni, studioso di filosofia politica, conoscitore del mondo scandinavo e germanico, è autore di numerosi romanzi di genere vario per la casa editrice della città metropolitana di Bologna, prima di questo, che ambienta in un’età e terra povere e dure.
Una notte del luglio 1201, un’imbarcazione in navigazione a remi dalle Orcadi all’Islanda viene travolta da una tempesta. Dei sei a bordo, quattro non sopravvivono.
Uno dei due sulla landa spoglia è un uomo dalla barba folta, provato dai marosi, dai quali è stato però risparmiato, come dagli scogli. L’altro è visibilmente più giovane, capelli e barba sono più corti e sembra più in sé, consapevole di quanto è successo. Tre giorni prima avevano preso il mare dall’arcipelago delle Orcadi, rotta nord-nord-ovest, sull’unica barca ch’erano riusciti a trovare, un battello leggero, di sottili assicelle di abete e quercia.
Insieme a quattro compagni di viaggio, tre norvegesi e un locale, intendevano approdare sulla terraferma irlandese, a pochi giorni di distanza, ma la violenza della tempesta ha sollevato il loro natante e l’ha rovesciato.
Sono finiti in un altro arcipelago, che qualcuno chiama Faer Oer (Isole delle pecore) e altri Fiaer Per (Isole delle piume). Si domandano perché abbiamo avuto una sorte benigna mentre gli altri difficilmente avranno superato la disgrazia senza essere annegati o avere riportato fratture gravi sulle rocce sommerse o affioranti lungo la costa. Sono stati risparmiati — che sia stata la buona ventura o il capriccio di Ran, la Predatrice non li ha voluti cadaveri da portare con sé sul fondale — ma ora si trovano privi di tutto ed esposti al rischio che gli abitanti li scambino per norvegesi, che odiano. Il problema è anche fare in modo che chi vive sull’isola conceda loro i viveri di cui hanno bisogno, oltre a un battello per continuare la navigazione.
Il primo incontro: “sei Ragnar di Killary”, dice al più anziano l’orribile vecchia che sembra scaturire dalla terza dalla terra all’improvviso e vomita loro addosso la rispettiva identità.
“Nelle tue vene di soldato” scorre sangue vichingo del Signore norvegese di Killary e di una schiava irlandese, usata e ripudiata dallo stesso Halvard il Forte, sibila la strega, che dimostra di conoscere le loro origini e i più intimi segreti e pensieri.
Alla morte del padre, Ragnar ha voluto sottrarsi ad entrambe le vergogne che lo affliggevano, quella di essere per metà di sangue norvegese e di essere nato da una donna non libera. Ha cercato rifugio in un monastero, per gettare il saio alle ortiche perché la sua natura pagana gli aveva reso insopportabile soggiacere a un Dio ultraterreno più esigente del padrone vichingo e che ancora più del norvegese pretendeva obbedienza piena e cieca. Si è arruolato tra le truppe di Maddadarson, una masnada di uomini d’arme, di tagliagole e di pezzenti che avevano cercato di occupare le Orcadi prima che il loro condottiero finisse prigioniero di re Sverrir a Trondheim.
Anche Bertram di Urk è figlio di una schiava frisa, portata in Scozia da una nave danese e venduta al Signore di Duncasby, col quale ha generato il ragazzo. Bertram ha ucciso un fratellastro e ferito gravemente un altro, ma sostiene di averlo fatto per difesa, perché avevano complottato di accusarlo di un delitto per rapina commesso da loro. Anche questo e altro viene urlato dalla figura spettrale che solo vagamente può dirsi femminile, vestita di stracci, col volto emaciato, i denti marci e digrignati la bocca larga e la bava colante dalle labbra, tanto strette da sembrare inesistenti.
Uno è un guerriero, dunque, l’altro un ex schiavo, in una terra ora ch’è tutt’altro che un paradiso. Pochi incontri ma importanti con i rarefatti abitanti dell’isola, soggetti che sono più surreali che reali, quasi paranormali e rappresentano qualcosa di più di un essere umano, sempre che la strega spettrale sia una vecchia in carne e ossa e non Gerdhr, come si presenta, la sposa del dio Freyr o il demone malvagio incarnato in una donna morta da tanto, come sostiene il capo del villaggio dei pescatori, unico abitato sull’isola di Sudero, a meridione dell’arcipelago delle Faer Oer.
Due uomini, abbandonati in un territorio freddo e inospitale, privo di risorse. E non dispongono di nulla, tranne i loro dubbi, l’oscurità che nascondono nella mente e tutto quello di sbagliato da cui fuggono.
La sorpresa è che anche in capo al mondo, nel vuoto che sempre inesorabile, forse troveranno qualcuno migliore di loro che potrebbe concedere una nuova occasione, quasi una rinascita.
Il mondo vuoto
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