Il nome della madre
- Autore: Roberto Camurri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: NNEditore
- Anno di pubblicazione: 2020
Una narrazione tesa, lucida, scabra, piena di un dolore che non riesce a trovare una possibilità di manifestarsi in gesti, in parole: solo un rancore, un’assenza che in realtà diventa una presenza ossessiva. Quella della madre del giovane Pietro. Lo vediamo a pochi mesi di vita, quando suo padre Ettore si trova improvvisamente abbandonato da sua moglie, che scompare dalla loro vita per sempre.
Nella prima parte del romanzo Il nome della madre (NNE, 2020), Roberto Camurri ci accompagna nella crescita del rapporto tra Ettore e il bambino: dapprima in una vacanza in un alberghetto in montagna, quando Pietro ha meno di un anno e il padre deve imparare ad accudirlo, a nutrirlo, ad amarlo. Poi durante l’infanzia e l’adolescenza a Fabbrico, una campagna vicino al Po, dove Ettore si fa aiutare dai suoceri, anche loro annichiliti dalla perdita dell’unica figlia.
Livio ed Ester cercano un rapporto con l’unica cosa che resta loro di lei, Pietro appunto, che però è un bambino introverso, timido, timoroso di suo padre, con il quale non riesce a mantenere una relazione affettuosa. È molto legato al cucciolo Briciola, che è stato dolorosamente strappato alla madre, e con quel cagnolino vive una sorta di identificazione.
Adolescente frequenta il liceo, s’innamora di Miriam, con la quale inizia la sua vita sessuale e che diverrà la sua compagna e la madre di suo figlio. Ma c’è un’altra ragazza, Gaia, che nei bagni di scuola gli propone un sesso trasgressivo e gli fa provare la cocaina. Pietro è alla spasmodica ricerca del fantasma di sua madre, e tutte le donne che incontra sono per lui deludenti, tanto che da tutte vorrebbe fuggire, estraniarsi da una realtà che non lo soddisfa mai, tanto è profonda la lacerazione provocata nella sua psiche da quell’abbandono rimasto inspiegabile.
Lo scrittore ci guida nel tortuoso percorso psicologico che compie Pietro, che non riesce ad amare: né suo padre, che pure lo ha cresciuto con un ruvido affetto, né i suoi nonni, che non possono sostituirsi a quella mancanza, anzi con la loro presenza sembrano enfatizzarla. Ci sono belle descrizioni della campagna, nella quale Pietro si aggira fumando troppe sigarette, perennemente inquieto, incapace di un gesto affettuoso nei confronti della sua donna, della nuova compagna di suo padre, Marisa, della ritrovata Gaia: con lei si incontra nella strana notte in cui è divenuto padre, una notte improbabile, piena di alcol, di fumo, di sesso disperato.
Nelle ultimissime pagine Roberto Camurri ci regala finalmente un po’ di tenerezza, qualche lacrima che finalmente riesce a sgorgare da un cuore inaridito, da una sofferenza indicibile, da un’esistenza segnata dalla privazione dell’amore. Il pianto continuo del neonato Pietro e più tardi quello di suo figlio sono l’unica manifestazione di quel dolore che è degli esseri umani appena vedono al luce e che l’amore materno riesce a calmare. Pietro invece ne è stato privato, come suo padre Ettore è stato privato dell’amore della sua vita. Una camicia da notte bianca, le pagine di un diario non bastano a sanare esistenze rese fragili da una perdita irreparabile. Solo nelle ultime righe di questo romanzo potente sapremo finalmente il nome della madre.
Il nome della madre
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Ho trovato entrambi i romanzi folgoranti tra i migliori scrittori attuali