Nell’edizione definitiva dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto del 1532, sono presenti due palazzi incantati creati dal mago musulmano Atlante.
I due palazzi di Atlante
Il primo palazzo, situato in una valle selvaggia dei Pirenei, compare nel II e nel IV canto del poema a simboleggiare l’evasione dell’individuo nel piacere.
Il secondo palazzo, situato nell’isola di Ebuda, compare nel XII canto con una simbologia più articolata che vedremo tra poco.
Entrambi, in quanto fuori dalla vita, sono una non vita con diverse chiavi di lettura.
Perché sono stati costruiti?
Perché sono stati costruiti? Per sottrarre al proprio destino il giovane Ruggiero, pupillo del mago.
Andiamo con ordine perché il poema ha un intreccio complicatissimo. Il mago Atlante tiene prigioniero per un po’ nel primo castello il suo pupillo Ruggiero. Questi è un sorvegliato speciale che il mago tiene lontano dalla vita, ossia dall’amore e dalla guerra, per sottrarlo a una morte precoce, secondo una sinistra profezia.
Eppure gli eventi seguiranno il loro corso. Ruggiero si innamora della cristiana Bradamante, sorella di Rinaldo, si converte, dopo mille ostacoli si sposano e dalla loro unione avrà origine la casata degli Este.
Infatti Ariosto nel proemio dedica il suo poema al cardinale Ippolito d’Este che, a detta dei contemporanei, non apprezzò particolarmente questo omaggio letterario.
Il primo castello, dunque, è un paradiso artificiale, è il tentativo di sfuggire al proprio destino. È abitato da un raduno coatto di dame e cavalieri costretti a vivere nell’ozio amoroso. Qualcuno ipotizza, non a torto, che alluda anche all’isolamento della corte rinascimentale.
Orlando si imbatte casualmente nel secondo palazzo di Atlante mentre, cocciuto e infaticabile, percorre in lungo e in largo l’Europa alla ricerca della bella Angelica, sempre in fuga. All’improvviso il paladino si lancia all’inseguimento di uno sconosciuto che porterebbe in groppa, a forza, la sua bella.
Galoppa, galoppa l’inseguimento lo porta nei meandri di un palazzo di marmo e d’oro, di squisita fattura ed eleganza, dove Orlando si perde muovendosi "invano". Il paladino innamorato è convinto che Angelica lo stia chiamando in soccorso, eppure non riesce mai a individuare l’origine della voce. Ad aumentare il suo sconcerto, poveraccio, un via vai continuo di cavalieri.
Ogni paladino insegue ossessivamente ciò che crede essere l’oggetto del suo desiderio, chiuso in se stesso, senza curarsi degli altri affaccendati come lui.
Come mai tanta ressa? Per lo zampino di Atlante che ha pensato bene di dirottare in questo palazzo degno di Escher i cavalieri cristiani affinché non facciano male al suo pupillo.
Il secondo castello pertanto — la cui irrealtà è amplificata dallo sfarzo eccessivo del suo arredamento in mezzo al nulla —, è una metafora dell’uomo alienato che perde i contatti con la realtà e con il prossimo. È un modo divertente per dirci che la realtà, a volte, è un gioco di apparenze ingannevoli. E che l’uomo, perennemente insoddisfatto, non trova mai ciò che cerca.
E che soprattutto, volendo, giova ricordarlo per gli acquisti compulsivi alla Sex and the city: troppo spesso l’oggetto del desiderio è una creazione soggettiva.
Vi sembra poco?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il palazzo di Atlante nell’Orlando Furioso di Ariosto
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