Il passo di Amagi di Matsumoto Seichō

Un ragazzo decide di lasciare il suo villaggio per cercare fortuna altrove. Ha sedici anni e la vita famigliare lo soffoca. Uno dei suoi fratelli potrebbe aiutarlo, perché vive in un’altra località, la quale però è lontana da raggiungere a piedi. Il tragitto è poco frequentato e quando fa buio si è proprio soli, ma lui è convinto del suo proposito e di mattina presto, mentre gli altri dormono, se ne va.
Durante il viaggio incontra quattro persone, ma solo due saranno fondamentali per il suo destino.
Gli ingredienti ci sono tutti: un mistero, un delitto, tre persone che non si conoscono, ma che legano la propria vita a un fatto criminoso.
Matsumoto Seichō è stato uno scrittore prolifico di romanzi e racconti. Definito il “Simenon giapponese” ha scritto dei piccoli gioielli che si incastonano nella fantasia del lettore; per poi tormentarlo fino a quando la memoria non li lascia andare. Fra questi c’è probabilmente Il passo di Amagi (Adelphi, 2022).

Un racconto lieve, ma con un meccanismo che ne aumenta l’ambiguità man mano che il lettore si fa imbrigliare dalla trama.
Pubblicato da Adelphi con la bella traduzione di Gala Maria Follaco, Il passo di Amagi si mostra, fin da subito, molto diverso da come lo immaginiamo, ogni singola frase rimane sospesa, come se ciò che leggiamo nascondesse qualcos’altro.
E mentre il contesto in cui il personaggio principale avanza si fa più tetro e spaventoso, la tensione sale occludendo ogni bagliore di speranza. Matsumoto Seichō scrive come se dovesse svelare, con molta lentezza, un mistero avvolto in un altro mistero.

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In questo gioco di aperture, il suo stile narrativo scorre come un fiume lento fino a quando non viene svelata la verità.
La risoluzione del mistero è quasi scontata, ma fino all’ultimo rimaniamo in tensione e in attesa che un altro mistero si possa palesare per contenerne un altro e un altro ancora.