La trasmissibilità della psicoanalisi, che si genera con la riservatezza dello sforzo analitico — che Lacan definiva “psicoanalisi applicata” — sul lettino dell’analista, rischia di scomparire nel mondo contemporaneo se non se ne tenta l’insegnamento fuori dalla pratica clinica in quanto i suoi concetti possono essere generativi in tanti altri campi come filosofia, linguistica, antropologia.
È alle lezioni che Massimo Recalcati svolge presso l’Università di Verona e trascritte da Sabino Preziuso in Legge, soggetto ed eredità (Mimesis, 2020), mantenendo la vivacità dello stile orale, che si deve lo sforzo divulgativo di concetti altrimenti riservati a addetti ai lavori, a studiosi che nel campo psicanalitico operano e svolgono le loro ricerche.
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Nel libro di Massimo Recalcati Legge soggetto ed eredità. Lezioni veronesi di psicoanalisi il primo capitolo introduce il pensiero clinico di Jacques Lacan, strutturandolo in brevi paragrafi che seguono il ritmo del parlato, con uso di linguaggio non specialistico rivolto anche a non addetti ai lavori.
È nella prima lezione che si introduce la centralità dell’esperienza clinica sulla quale si fonda tutto il lavoro di Lacan che si è estesa per cinquant’anni: dagli anni ‘30 alla sua morte avvenuta nel 1981.
Lacan riprende la lezione freudiana facendo corrispondere la “nevrosi” alla rimozione, “la psicosi” alla forclusione e la “perversione” al rinnegamento, tre modi questi che definiscono il rapporto del soggetto con la realtà.
Se leggiamo la psicopatologia attraverso la psicanalisi non presupponiamo alcuna deviazione dalla norma della cosiddetta normalità, al contrario essa è l’unica forma possibile di antropologia, essa rivela la verità dell’uomo, insomma come dice Lacan: “ogni volta che indaghiamo la psicopatologia indaghiamo la struttura dell’uomo” e ogni uomo è un’eccezione.
Lo stesso Freud nella pratica clinica è costretto a ritornare sui propri concetti e a trasformarli di continuo. Recalcati sottolinea che il bello di questo mestiere è quello che la teoria è insegnata dalla prassi e la pratica insegna la teoria.
Dopo queste premesse Recalcati affronta il concetto di follia o paranoia, attraverso cui Lacan entra nella psicanalisi che Freud aveva inventato con i suoi studi sull’isteria. Nell’isteria per Freud è il corpo che parla attraverso i suoi sintomi, dove un conflitto psichico, insopportabile per il soggetto e che è stato rimosso prende le forme di un sintomo somatico, una sorta di linguaggio del corpo ordinato dalla legge “rimozione - ritorno del rimosso”.
Dall’altra parte, sostiene Lacan, la psicosi insegna che c’è qualcosa dell’inconscio che sfugge alla legge del simbolo e che può prendere le forme erratiche del passaggio all’atto criminale o all’allucinazione. Nel procedere delle sue argomentazioni l’oratore, con la libertà che gli consente una lezione orale e poco strutturata, considera i due modi molto differenti della follia tra loro antagoniste e ne propone due esempi:
“Da una parte una follia che trova il suo paradigma in Van Gogh, follia come erranza che rifiuta le catene del linguaggio, dall’altro canto evoca la figura di Hitler intesa come il delirio megalomaniaco dell’Io, la dimensione non anarchica ma fascista della follia o narcisismo estremo della paranoia. ”
Una delle caratteristiche cliniche della soggettività paranoica è l’assenza di dubbio, la presenza di una certezza granitica di tipo delirante, in Hitler per esempio quella dell’inferiorità della razza ebraica. Allora abbiamo due forme di psicosi: anarchica, molecolare, schizofrenica, erratica, liquida (Van Gogh) e dall’altra parte molare, identitaria, paranoica, narcisistica, solida (Hitler).
Le argomentazioni di Recalcati procedono mettendo a raffronto la psicanalisi freudiana e quella lacaniana per giungere al concetto del “Nome del Padre”, leggendo stralci del testo Memorie di Schereber, che porta ad esemplificazione del concetto di forclusione come rigetto dell’esperienza dell’inconscio con cui conclude la prima lezione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il pensiero critico di Lacan dal libro “Legge, soggetto ed eredità” di Recalcati
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