Il piccolo libro del Faraone
- Autore: Ren Zen (Renzo Maggiore)
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2015
Il piccolo libro del Faraone di Ren Zen (Renzo Maggiore), edito da Talos Edizioni (2015, pp. 100) con prefazione di Daniela Fogar, è ricco di suggestioni immaginifiche e di rimandi alla conoscenza iniziatica, giunta dall’antico Egitto fino a noi. Possiede i colori lussureggianti dell’Africa, il respiro delle acque fecondanti del Nilo, fiume divino, l’oro del sole Osiride, simbolo di consapevolezza e autocoscienza, che si unisce alla maternità di Iside, energia cosmica. La madre universale, come accade pure alle “dakini” tibetane, la parte femminile dei Buddha, qui viene rappresentata e cantata dal poeta “scoperta”. La stessa cosa accade nel dipinto “Amor sacro ed amor profano” di Tiziano, dove sacra è la nudità della donna che indica il cielo:
“La saggezza porta i seni scoperti per allattare il mondo”.
Siamo lontanissimi da ogni repressione erotica, come pure dalla volgarizzazione dell’eros.
La capacità visionaria dell’autore ricrea un paese mitico oltre il tempo, una civiltà che è un eterno presente nei valori, filosofia perenne dell’Uomo cosmico unito a tutto l’esistente, rappresentato dal Faraone.
La visione olistica del tutto che egli incarna con le braccia al cielo (posa ieratica ben conosciuta di pontefici e santi) è ribadita di continuo:
“Un fiore di loto vale mille profumi. / Il pollice diecimila essenze. / Il girino centomila voli. / La piuma e le braccia al cielo / un’infinità di cose pressoché indivisibili.”
Gli animali descritti con amorevole cura sono espressioni di qualità divine da comprendere, tutti, dall’umile rana al più lontano e glorioso, il falco, e l’aquila; il serpente innalzato sulla fronte del Faraone è saggezza acquisita. Il tutto è composto in un Tutto numinoso, che la nostra civiltà separatista deve nuovamente imparare.
In modo molto pregnante, Ren Zen restituisce la potenza dei geroglifici, l’intuizione che li creò, che diventa immediatamente parola poetica. Comprenderli è possibile per chi si pone in ascolto del Faraone messaggero. Voce, il Verbo creatore e orecchio, ascolto, sono due momenti simultanei esperienziali di questa poetica sensuale spirituale, uniti all’occhio che vede. Le facoltà sensoriali nei versi divengono immediatamente espressioni dell’anima e in ciò stanno la bellezza e la verità del libro. Il poeta stesso è il Faraone, ossia regalità, giustizia, guida del suo popolo inteso simbolicamente come pathos ed epos multipli e numerosi, interiori. Faraone che si offre al sole “Ra”, capace di percorrere un cammino di purificazione, per giungere a conquistare e godere lo stato eterno degli dei, che sono uno.
La voce è spirito ma pure materia:
“Il battello avanza sicuro sul fiume dell’esistenza / se il remo della voce batte l’acqua con misura. […] Bastoni di Dio sono le parole e i testi sacri. / I geroglifici e la voce che li esprime sono utensili divini. / Sprecare il verbo ti impedisce di resuscitare.”
Tali concezioni ricordano Platone e la necessità delle idee, per il filosofo, paragonate ai remi, necessarie per fare avanzare la barca della conoscenza (vedi il Fedone). E Platone soggiornò ben 13 anni a Heliopolis, in Egitto…
La voce è cibo:
“Dalla mia voce serena e giusta / escono il pane ed il vino per tutti i viventi”.
Ecco prefigurata l’eucarestia del Cristo, altro Dio solare. Ricordiamo per inciso la formazione infantile egiziana del Redentore, testimoniata nel vangelo di Matteo.
Le energie maschili e femminili sono felicemente congiunte:
"L’amore è una zappa che l’uomo usa / per aprire la terra e renderla feconda / è un canale in cui circola energia / la piramide che mi lega agli dei / la grande casa che perdura nel tempo.”
Formano l’armonia, base della bellezza e della giustizia, amministrata dalla dea Maat, che pesa le anime e il cuore immediatamente dopo il trapasso. L’anima umana, il suo "cuore" deve essere leggero come una piuma per giungere nell’aldilà. Il poeta rivela uno stato che pochi comprendono in un bel verso misterico, congiunto alla metafora dell’otre pieno:
“Un otre ben pieno è segno evidente / della profondità del proprietario. / Chi scova in se stesso, scopre l’Aldilà.”
La verità, i misteri, la conoscenza, l’eternità sono in noi.
L’ultima parte della silloge è dedicata al tema della morte, tratto caratteristico della civiltà egizia. Morte non interruzione e fine ma trapasso, grande cambiamento di stato.
Ren Zen compie un’equazione ardita tra resurrezione e reincarnazione, ovvero perenne rinnovarsi della vita ciclica:
"Iside è la magia creativa dell’Universo: / redime ciò che si disperse nel mondo. / L’energia della giusta parola riunifica, riannoda, unisce. / La scienza dei nodi lega e scioglie. / Iside è la vertebra nel corpo / e la coda di rondine nella casa. / Osiride risorge trasmigrando da un’anima all’altra. / La resurrezione altro non è che un passaggio / da un involucro ad un altro.”
Il suo afflato poetico è supportato da letture imprescindibili, fra le quali egli cita in bibliografia Christian Jacq, Il segreto dei geroglifici (Piemme, 1995).
L’antico Egitto è culla di tutta la cultura occidentale. Doveroso quindi il monito conclusivo:
"Al di là della storia e delle tante civiltà / la mia profonda parola è lingua immortale. / Per scoprire le vostre origini / prima dei Classici / studiate Me.”
Per scoprire le nostre origini…
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il piccolo libro del Faraone
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