Il potere. Una nuova analisi sociale
- Autore: Bertrand Russell
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Feltrinelli
Bertrand Russell fa un’ottima analisi sociologica e psicologica del potere. Per molti versi è ancora illuminante. Il saggio è del 1938. Ecco perché l’avvento del nazismo e del comunismo ispira per molte pagine le riflessioni di Russell; ecco perché non vengono presi in esame il potere dei mass media, il potere della criminalità organizzata, il potere delle multinazionali: elementi che caratterizzano in modo pervasivo la nostra epoca.
Il filosofo dichiara subito che tratterà il potere sulle persone e non quello sulla materia, anche se ritiene che tecnologia e scienza siano sempre più determinanti nel mondo. La sua è un’analisi dettagliata fatta di generalizzazioni, che si basano su eventi passati, su corsi e ricorsi storici.
Bertrand Russell non intuisce minimamente il concetto di micropotere, teorizzato decenni dopo da Foucault; non accenna mai al legame libidico tra sottoposti e leader, studiato da Freud; non prende in analisi l’impulso gregario, né il sadismo e il masochismo nei rapporti di potere, né il legame tra demopatia (patologie delle masse) e patocrazia (psicopatologia dei capi).
Altri piccoli limiti sono che quando tratta del potere interiorizzato dalle persone non cita la genealogia della morale di Nietzsche (il senso di colpa, la vergogna, la pena come meccanismi psicosociali che non fanno trasgredire le leggi al cittadino) e quando descrive il potere sulle convinzioni non propone uno studio del senso critico come modo per contrastare la propaganda.
Un grande pregio del filosofo invece è quello di essere un libertario in senso lato, che disdegna però l’anarchia totale, violenta ed eversiva.
Russell ritiene che gli uomini a differenza degli animali abbiano dei desideri illimitati e che i più importanti desideri umani siano il potere e la gloria. Pensa che “l’amore per il potere” e “l’impulso di sottomissione” stabiliscano le dinamiche sociali. Ma fortunatamente esistono anche gli "astensionisti" che non partecipano al banchetto del potere, non bramano il potere, né vogliono sottomettersi.
Molto interessante la suddivisione in diverse forme di potere. Russell distingue tra potere sacerdotale, potere regale, potere bruto, potere rivoluzionario, potere economico e potere sulle convinzioni. Per quanto riguarda il potere rivoluzionario analizza il cristianesimo primitivo, la Riforma, la rivoluzione francese e il nazionalismo, il socialismo e la rivoluzione russa. Il potere bruto è quello ottenuto con l’esercizio della forza, spesso con l’esercito.
Il potere economico secondo Russell deve tutto all’opinione pubblica, che condanna moralmente il furto, e allo Stato che difende la proprietà privata. Sempre per il potere economico tratta del credito delle banche e accenna all’enorme concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi. Poi il filosofo intuisce felicemente che il potere sulle convinzioni è quello più importante e che tutti gli altri poteri dipendono da esso. Infatti scrive che è facile dimostrare quanto le convinzioni siano onnipotenti.
Ad esempio quando tratta della biologia delle organizzazioni scrive che le rivoluzioni non sono altro che il passaggio da una vecchia fede a una nuova fede. Ogni sistema politico è basato su un’ideologia e dei valori, che presumono una convinzione radicata e con essa un atto di fede. Quindi dopo un’accurata analisi delle forze in gioco nel mondo conclude che gli Stati di per sé cercano sempre di espandersi, di conquistare altre terre e che solo l’equilibrio e i rapporti di forza con le altre nazioni sono fattori limitanti decisivi.
Ogni governo perciò cerca un maggiore accentramento nella politica interna e l’imperialismo in politica estera. Forse questo tipo di concezione russelliana dipende da quel particolare periodo storico e oggi però è un poco datata, un poco superata. Russell nel 1938 aveva già capito che sarebbero finite le monarchie in quanto basate esclusivamente su fortuna e astuzia dei regnanti, ma la fortuna secondo lui, prima o poi, finisce e non tutti i re sono astuti: in mancanza di queste due cose avviene la rivoluzione.
Infine Russell benedice la democrazia e la considera la miglior forma di governo.
Per quanto i governanti debbano prendere decisioni rapide ed essere competenti è la forma di potere che permette il maggior grado di libertà e quella in cui i cittadini non sono schiavi, hanno possibilità di associarsi, di votare e hanno più tempo libero a disposizione. Insomma un libro da leggere per capire quali erano i pensieri di un grande filosofo riguardo delle organizzazioni umane e delle loro dinamiche sociali, ispirati da alcuni fatti storici come la preoccupazione per i totalitarismi (nazifascismo e comunismo) allora presenti sulla scena mondiale.
D’altronde ogni visione del mondo di un pensatore è sempre condizionata dal suo vissuto, dall’epoca in cui vive. Russell dimostra ancora una volta la sua equanimità di giudizio e la sua saggezza.
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