Il pozzo
- Autore: Catherine Chanter
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2016
Tanto vale dirlo subito: coltivo una considerevole diffidenza verso i così detti romanzi “poderosi”. Se non parliamo di classici, nove su dieci faticano a tenere il passo, rimpolpano con la fuffa, e insomma… di solito potrebbero risparmiarsi/ci un sostanziale numero di pagine, con conseguente guadagno di tempo e costi tipografici. “Il pozzo” (Marsilio, 2016) - thriller d’esordio di Catherine Chanter - si attesta oltre la boa delle 400 pagine e mi sono interrogato a lungo sulle ragioni che mi hanno indotto a leggerlo in tre giorni, dalla prima all’ultima pagina. Per quanto mi riguarda, colore e ritmo di scrittura sono fondamentali e dunque comincio da quelli: Catherine Chanter è nata per scrivere. Nella prosa adamantina che caratterizza - chissà per quale congiunzione astrale - la narrativa britannica, sfoggia uno stile davvero ammaliante. Le sue minuziose descrizioni d’ambiente, per esempio, si caricano di valenze simboliche, risultano funzionali al contesto e non distraggono dalla pagina. Seconda cosa: “Il pozzo” appartiene senza dubbio al genere “giallo”. La sua struttura è tipica del “giallo” (un omicidio e una ridda trasversale di potenziali colpevoli) ma la narrazione in prima persona e le capacità introspettive della Chanter gli conferiscono i connotati aggiunti del "giallo psicologico" (se maneggiato bene è letteratura tout court). In altre parole: il vero enigma - tra detti e non detti, luci/ombre, pulsioni di morte, fantasmi del presente e del passato, allucinazioni, veleni, proiezioni paranoidee o forse no - alberga potenzialmente in ognuno di noi. Terza e ultima ragione: questo è un romanzo che mette in guardia sulle ricadute che l’adesione fideistica a una religione può avere (ha) sulle dinamiche familiari, individuali e di gruppo degli adepti. Dati i tempi ciechi e sordi al richiamo della ragione, mi sembra un tema non da poco, sul quale riflettere seppure col pretesto della fiction. Ho volutamente lasciato per ultimo la trama perchè in un "giallo" che si rispetti della trama va rivelato poco, giusto ciò che serve a sollecitare l’acquolina in bocca: me la cavo, quindi, in una manciata di righe: in una Gran Bretagna in ginocchio per la reiterata carenza di acqua (non piove da tre anni), Ruth e Mark trovano rifugio al Pozzo, una tenuta rigogliosa (un metaforico Paradiso terrestre?) dove invece piove spesso e volentieri, l’acqua abbonda e la vegetazione fiorisce, suscitando invidie e sospetti del “mondo esterno”(l’uomo resta pur sempre “homini lupus”, al cospetto di questo romanzo è bene ricordarlo). Con Ruth e Mark viene a vivere anche Lucien, il nipotino la cui morte violenta trasformerà la Tenuta in una prigione interiore, per Ruth e per molti personaggi principali e secondari coinvolti nella vicenda. Il resto (identità dell’assassino compresa) andrà a svelarsi in progress, all’apice di alcuni contro-finali tesissimi di un romanzo che trattiene alla pagina in virtù di intelligenza, forma e contenuto. Questo rimarchevole esordio narrativo di Catherine Chanter diventerà presto una serie tv.
Il pozzo
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