Il presepe
- Autore: Marino Niola, Elisabetta Moro
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2022
“Te piace ’o presepio?”, grande o piccolo non manca in ogni casa, insieme all’albero, alle luci, alle decorazioni. C’è chi lo fa il giorno dell’Immacolata, chi aspetta Santa Lucia il 13 dicembre, qualcuno anticipa al primo del mese.
A Casa Cupiello, Eduardo De Filippo fa attendere la vigilia della Natività per realizzarlo. E comunque, anche se risente delle differenze locali da territorio a territorio, la scena rustica e i protagonisti sono sempre quelli che Napoli ha reso una cosa sua da trecento anni, sostituendo al contesto palestinese di riferimento i personaggi propri, gli animali, le ambientazioni e gli sfondi (Vesuvio, montagne innevate, mare, case, casette, botteghe...).
Piaccia o meno a Nennillo Cupiello, il sempre amatissimo allestimento natalizio è protagonista del saggio Il presepe di Marino Niola ed Elisabetta Moro, novità nella collana Intersezioni dell’Universale Pocket il Mulino (ottobre 1922, 240 pagine).
Nell’Università napoletana Suor Orsola Benincasa, Marino Niola insegna antropologia dei simboli e della contemporaneità, mentre Elisabetta Moro è ordinaria di antropologia culturale. Entrambi firmano da editorialisti per i quotidiani nazionali più importanti ed hanno scritto testi e saggi.
Il prof. Niola cura la rubrica Miti d’oggi sul Venerdì di Repubblica, ha pubblicato con il Mulino tra gli altri Non tutto fa brodo (2020) e I santi patroni (2022). La prof.ssa Moro: Sirene. La seduzione dall’antichità ad oggi (2019) e La dieta mediterranea. Mito e storia di uno stile di vita (2021). A quattro mani: Andare per i luoghi della dieta mediterranea (2017) e I segreti della dieta mediterranea (2020).
Questo loro approfondimento sul presepe è colto, multidisciplinare, profondo, attento ad una prospettiva internazionale, ricco di notizie, suggestioni, testimonianze “eccellenti”, di viaggiatori, artisti, scrittori, teologi e, last but not least, di papa Bergoglio, che invita le famiglie a continuare la tradizione.
Il presepe ha un’origine nemmeno tanto remota, nel 1223 san Francesco realizzò la prima rappresentazione a Greccio e una diffusione mondiale su imprinting partenopeo. Perché a renderlo popolare è stata quella che Niola e Moro chiamano “la domesticazione”, avviata a Napoli nel 1700 e allargata a macchia d’olio nel secolo successivo. Anche una “privatizzazione familiare”, un processo di autonomia ideativa e costruttiva che lo ha gremito di figure non più esclusivamente religiose, trasformando profondamente la natura, cultura, struttura e dimensioni originarie del presepe.
Una scenografia di moltitudini dove si fondono e si confondono soggetti sacri e soggetti profani. Il presepe entra nelle case e diventa una declinazione vernacolare del Vangelo. Che, a poco a poco, assume una caratterizzazione sempre più territoriale, con il risultato di dare alla Galilea forme e caratteri nazionali, regionali, urbani, paesani, marinari, campagnoli.
Francesco vestì gli abitanti del Reatino con i panni della Sacra Famiglia, dei magi e dei pastori di Betlemme, seguendo il racconto evangelico. I napoletani hanno fatto del presepe una rappresentazione laica dell’umanità, in cui l’aspetto religioso è soltanto la “scusa” per esprimere la fantasia creativa.
Poi ognuno nel mondo lo ha interpretato a modo proprio, anche se la base resta più quella napoletana che francescana: una pletora di edifici, grotte, montagne, un’orgia di cibi e di frutti, una marea di figure umane e di animali, a sproporzionato contorno delle presenze essenziali di Maria, Giuseppe, i Magi e, dalla mezzanotte del 24 dicembre, della statuina di Gesù bambino.
Per qualche settimana, ogni anno, nelle famiglie cristiane di tutto il pianeta la natività ritorna storia viva. Universale e locale, perché ogni Paese vi riflette sé stesso, fanno presente gli autori. Ad Acireale i pastori somigliano ai pupi.
In Tirolo la grotta di Betlemme sale sulle Alpi e la Famiglia è scolpita nel legno. Le crèches francesi hanno come scenario i monti della Provenza e in Germania i pastori della krippe sono i montanari bavaresi, mentre quelli dei presepi latinoamericani indossano i tradizionali costumi andini e la savana con gli animali selvaggi fa da paesaggio ai presepi africani.
Comunque e dovunque, Napoli docet: un’immensa città di terracotta e cartone riflette la fitta densità della città sul Golfo. Dopo i pastori - e col dovuto rispetto ai protagonisti-comparse che non possono mancare, da Benino il dormiente al pastore della meraviglia - è un proliferare di cacciatori e pescatori, lavandaie, venditori, artigiani, operai, manovali, zingare, mestieranti. Accanto a loro, uno zoo infinito: buoi e asinelli, capre, porcelli, polli, galline. E ancora, le cose dell’uomo e della natura: bilance, coltelli, reti da pesca, banchi da ciabattino, cesti, vasi, piatti, bicchieri, bottiglie, botti, tavoli, sedie. Sullo sfondo montagne di sughero, fiumi di carta stagnola, laghi di specchi, boschi impervi, dirupi e sentieri scoscesi. Dovunque una messe di cibo debordante: verze, cavolfiori, melanzane, peperoni, provole, caciotte, giuncate bianche, scamorze, caciocavalli, salami, prosciutti, file di salsicce, quarti di bue, teste di porco, musi di capretto, pesci, polpi, ostriche e ricci di mare, fichi secchi, noci, mandorle, torroni, dolcetti, composizioni di frutta e agrumi, soprattutto limoni.
Non possono mancare i capitoni, senza i quali Natale non è Natale a Napoli, anche se quelli scappano, come nel disastroso inseguimento casalingo dai Cupiello.
A Nennillo, “il presepio non gli piace”. Ma a noi “c’è” sempre piaciuto. E tanto.
Il presepe
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