Elio Pagliarani (1927 - 2012), insegnante, giornalista, poeta, critico letterario e teatrale, è uno dei massimi esponenti della Neoavanguardia, maturata nell’alveo della rivista "Il Verri", fondata da Luciano Anceschi nel 1956. Tra gli obiettivi del movimento, si trovava quello di mandare in cortocircuito il sistema comunicativo. Pagliarani, però, appare più interessato a denunciare alienazione e nevrosi del lavoro. Il primo giorno di lavoro è tratta da La ragazza Carla e altre poesie, pubblicato da Arnoldo Mondadori nel 1962. Scopriamola in occasione del 1° maggio, Festa dei lavoratori.
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La ragazza Carla è un poemetto ambientato nel biennio 1947-49. Un breve romanzo in versi o una lunga poesia che si snoda in modo innovativo come un romanzo. Protagonista è una diciassettenne di umili origini, che viene assunta come dattilografa a Milano. Il battesimo con il mondo del lavoro, l’orgoglio per una ragazza di periferia di lavorare in centro, la corte di un collega e le avance del titolare. Una storia come tante che il particolare registro espressivo di Pagliarani rende unica e di forte impatto, una effettiva prova di sperimentalismo realistico.
"Le altre poesie" del titolo sono testi tratti da raccolte precedenti.
Testo de Il primo giorno di lavoro
[da La ragazza Carla e altre poesie, parte II, sezione I]
Carla Dondi fu Ambrogio di anni
diciassette primo impiego stenodattilo
all’ombra del Duomo.Sollecitudine e amore, amore ci vuole al lavoro
sia svelta, sorrida e impari le lingue
le lingue qui dentro le lingue oggigiorno
capisce dove si trova? TRANSOCEAN LIMITED
qui tutto il mondo...è certo che sarà orgogliosa.Signorina, noi siamo abbonati
alle Pulizie Generali, due volte
la settimana, ma il Signor Praték è molto
esigente – amore al lavoro è amore all’ambiente – così
nello sgabuzzino lei trova la scopa e il piumino
sarà sua prima cura la mattina.UFFICIO A UFFICIO B UFFICIO C
Perché non mangi? Adesso che lavori ne hai bisogno
adesso che lavori ne hai diritto
molto di più.S’è lavata nel bagno e poi nel letto
s’è accarezzata tutta quella sera.Non le mancava niente, c’era tutta
come la sera prima – pure con le mani e la bocca
si cerca si tocca si strofina, ha una voglia
di piangere di compatirsima senza fantasia
come può immaginare di commuoversi?Tira il collo all’indietro ed ecco tutto.
Significato del testo
La presentazione burocratica della protagonista marca, dall’incipit, la spersonalizzazione dell’individuo inserito nell’ingranaggio produttivo. Infatti, alienazione, nevrosi, disadattamento, solitudine, rassegnazione sono il leitmotiv del poemetto.
Al datore di lavoro interessano: identità, età, esperienza professionale e lo stato di famiglia. Infatti Carla è orfana di padre (“fu Ambrogio”).
Nel secondo e terzo blocco il punto di vista incipitario, anagraficamente oggettivo, muta di continuo: è della ragazza neoassunta, dei dirigenti che riportano il punto di vista del proprietario, signor Praték, della mamma. Vediamo perché.
Il secondo frame presenta in soggettiva, quindi quasi senza punteggiatura, il modo in cui Carla Dondi recepisce alcuni suggerimenti di rito, non privi di falso paternalismo. Quali sono? Amore per la propria mansione, efficienza produttiva con il sorriso stampato sulle labbra, senso di appartenenza, orgoglio di lavorare per un’importante ditta commerciale statunitense, con una sede a Milano vicino al Duomo.
Il terzo blocco, come precedentemente anticipato, scivola senza forzature dai suggerimenti alle prime incombenze pratiche. Occuparsi anche delle pulizie, appena messo piede in ufficio, sia perché il titolare è molto esigente a riguardo, sia perché gli addetti esterni di pulizia se ne occupano solo due volte alla settimana. Un’ombra di demansionamento? Le targhe a seguire in maiuscolo concorrono alla spersonalizzazione e al pastiche linguistico. Il risultato è straniante.
Un’altra capriola dopo le targhe determina cambio di luogo, tempo, personaggi e punto di vista. Al desinare la madre vedova si meraviglia dell’inappetenza della figlia con una convinzione marmorea. Solo chi lavora ha bisogno e diritto di mangiare di più. Non c’è da stupirsi. Da sempre nelle famiglie povere chi lavora e guadagna in famiglia gode di un trattamento privilegiato. La certezza materna si presta ad altre letture: un moto spontaneo di preoccupazione genitoriale o l’incarnazione stessa della mentalità capitalistica?
Gli ultimi micro blocchi ci presentano Carla nell’intimità del bagno e della sua camera dove compie gesti consueti e non. Tra i primi l’igiene personale prima di coricarsi. Tra i secondi quello di toccare tutto il corpo. Un sintomo nevrotico per avere la prova di esserci, di esistere. A corredo inappetenza, voglia di piangere, desiderio vittimistico di autocompatimento.
Come interpretare il verso in chiusura "Tira il collo all’indietro ed ecco tutto"?
È un gesto di rassegnazione di chi volente o nolente deve ingoiare una medicina amara. Perché lavorare, nel suo caso, è un privilegio e una necessità. Non una scelta.
Altre osservazioni
Penso che il primo dato che salta all’occhio sia l’alternanza di registri linguistici, in accordo con la variazione dei punti di vista. Un’alternanza veloce, fluida affine a quella tra canto, controcanto e coro. Uno dei pregi del testo, a mio avviso, è la sua fruizione trasversale. Il che non è scontato per la Neoavanguardia e i suoi fiancheggiatori. Penso all’oscurità di un certo Zanzotto.
La poesia mescola stili e caratteristiche differenti:
- quello anagrafico, a ridosso dell’assunzione;
- uno stile normativo, alla buona, dei superiori;
- lo stile performativo della madre che invita la figlia a mangiare;
- l’alternanza dei punti di vista;
- grappoli di versi che sembrano minisceneggiature.
Qualcuno ha osservato che la giovane non è mai colta mentre lavora, ma quando sottomessa riceve suggerimenti e istruzioni con un’ostilità mascherata da familiarità. Il dato vuole sottolineare la passività, il lato più evidente dell’alienazione. Questa precisazione ha pieno riscontro nel testo, però non dimentichiamo che il primo giorno di lavoro non si lavora quasi mai. Si prende confidenza con un ambiente nuovo che mette soggezione.
Noto che il poemetto di Pagliarani è stato pubblicato nello stesso anno di Memoriale di Paolo Volponi. Un romanzo industriale, che ho apprezzato molto, sull’odissea professionale e umana di Albino Saluggia. Ex contadino inurbato, operaio specializzato in pieno burn out tra il comico e il tragico.
Voglio dire che il tema dell’alienazione è frequente nella letteratura del secondo dopoguerra: prima e durante il boom economico del nostro Paese. In questo caso non si tratta dell’alienazione in fabbrica, ma in una ditta.
Mi viene in mente anche la parabola grottesca del protagonista del Il padrone di Parise, un romanzo ostico e strano che, a differenza di Volponi e Pagliarani, non ha superato la prova del tempo.
Il primo giorno di lavoro ha un’impaginazione tipografica frastagliata, come l’intero testo. Eppure il poemetto è coeso e scorrevole. Ha una struttura solida composta da microblocchi giustapposti. La narrazione non lineare, dall’effetto straniante, punge la coscienza critica del lettore. Un montaggio tecnicamente complesso degno di un grande poeta.
Questa poesia non presenta solo il debutto in un universo professionale destinato a schiacciare l’individuo. Per Carla Dondi il lavoro coincide con l’ingresso nel mondo adulto. Sullo sfondo drammatico e propositivo tra ricostruzione e miracolo economico.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il primo giorno di lavoro: testo e analisi della poesia di Elio Pagliarani
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