Il racconto dell’Ancella
- Autore: Margaret Atwood
La narrativa distopica non è fantascienza, anche se le si avvicina molto: vale la pena di ricordarlo una volta di più. La funzione della letteratura distopica, o di anticipazione, è quella di metterci in guardia su pericoli reali del nostro presente attraverso il racconto di un ipotetico futuro. I principali esponenti del genere, George Orwell, Ray Bradbury, Cormac Mc.Carthy, sono uomini, e questo potrebbe far pensare a un tipo di letteratura non molto apprezzato dal gentil sesso. Margaret Atwood è la scrittrice giusta per sfatare tale mito: questo romanzo, infatti, ci presenta scenari di regimi, repressioni e criminalizzazione dell’individualità, ma lo fa con un tono intimistico, mettendo in piena evidenza i sentimenti della protagonista, incentrando la sua società immaginaria su quanto di più naturale, misterioso, miracoloso, scontato, magico possa succedere a una donna: la maternità.
Negli Stati Uniti devastati dalle radiazioni (ma ci si dimentica presto della collocazione: lo scenario che ci si presenta è così lontano da noi da non lasciar trapelare niente che possa distinguere un luogo da un altro), un regime si sta insediando quasi senza farsene accorgere, con l’usuale scusa della protezione dei cittadini. La gente esegue in silenzio, non si fa domande, paralizzata dalla paura di quello che vede succedere e, soprattutto, di quello che non comprende. Il drammatico calo demografico ha portato alla costituzione di tre categorie di donne: le Mogli, legittime ma spesso sterili, per vecchiaia o per effetto delle radiazioni; le Marte, donne di servizio; e le Ancelle, giovani donne ancora feconde, nubili o separate dalle loro famiglie, il cui dovere è la procreazione. I loro veri nomi sono tabù: la protagonista si chiama Difred, “appartenente a Fred”. Il suo ruolo è avere rapporti con il Comandante, mentre la Moglie è seduta dietro di lei, come lo sarà nel caso di un eventuale parto, a indicare che il figlio che Difred partorirà sarà sua proprietà esclusiva, come fosse stato generato da lei. Difred può solo sperare di rimanere presto incinta, altrimenti sarà mandata via, nelle temibili Colonie, e un’altra Difred prenderà il suo posto in una vita tutto sommato sopportabile. Ma Difred ha il suo passato, il ricordo del marito che forse è disperso, forse morto davanti ai suoi occhi ma lei non lo vuole ammettere neppure con sé stessa, di una figlia che le è stata strappata. Si tiene stretta a quella vita disumana, e neppure lei sa se sia vigliaccheria, coraggio oppure solo pazienza, un sottile filo di speranza in un futuro nel quale le sia possibile liberarsi...
Non ha una vera e propria trama questo libro, è solo una cronologia di piccoli avvenimenti, ricordi e pensieri, e il finale è il più aperto che si possa immaginare: eppure inchioda e incanta, con le sue atmosfere quiete e inquietanti, con la disperata freddezza della protagonista, con un epilogo non originalissimo ma sempre d’effetto. È anche una grande metafora di come viene vissuta la maternità da molte donne di oggi: lo scopo unico, supremo, l’unico modo di esistere come persona, di evitare il fallimento totale. Focalizzandosi sull’ossessione che determinati Paesi hanno per l’attuale calo demografico, la Atwood non fa trapelare più di tanto il proprio pensiero, lasciando al lettore ogni riflessione in merito. Ma è un monito ciò che questo libro ci trasmette: l’intolleranza, la chiusura, l’accettazione passiva, portano, lentamente ma inesorabilmente, al disastro.
Il racconto dell'ancella
Amazon.it: 15,96 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il racconto dell’Ancella
Lascia il tuo commento