Il respiro del fuoco
- Autore: Federico Inverni
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2017
Quando si parla dei romanzi di Federico Inverni il mistero è l’autore. “Il respiro del fuoco” è il secondo di questo scrittore senza nome o, per dire meglio, che si nasconde dietro lo pseudonimo che appare sulla copertina del poliziesco nelle librerie da febbraio (pp. 474, euro 16,90).
Chi sia Federico Inverni non si sa e non si deve sapere. Così vuole, per ragioni strettamente personali. È un tocco di mistero che sta bene anche all’editore, anzi, benissimo. Da Corbaccio, che ha pubblicato nel 2016 anche il primo titolo, “Il prigioniero della notte”, bocche cucite sull’identità di questa “gallina dalle uova d’oro” e dalle tirature importanti. In qualche modo, si può solo dedurre che Federico Inverni svolga nella vita un qualche lavoro dipendente, visto che ha dichiarato in più di un’intervista che scrive i suoi romanzi nelle ferie estive. In tre settimane sviluppa in forma compiuta gli appunti presi nei mesi precedenti.
Anche Lucas è un mistero. È il coprotagonista al 50% dei due titoli di Federico Inverni. Detective capacissimo, il migliore del Dipartimento di Polizia della città di Haven, ha doti da segugio, è intuitivo, intelligente come nessun altro, ma è un soggetto tendente all’isolamento. Un solitario. Un geniaccio turbato, un tantino autistico. Soffre di “stati di fuga”, nel corso dei quali non è padrone della sua mente. Era stato un agente infiltrato sotto copertura, con un falso nome e un’identità fittizia, ma non sopporta le armi, non tollera di portarle addosso. Il migliore ed anche unico amico, Martin, è in coma da quando insieme sono stati coinvolti in uno scontro a fuoco. I colleghi accusano Lucas di non averlo difeso, proprio perché disarmato.
L’altra metà della prima scena dei romanzi di Federico Inverni ha il carattere spigoloso, ruvido e caustico di Anna Wayne, ma anche il suo fisico delicato e tutta la sua rabbia contro l’iniquità umana. È una bravissima profiler, agente speciale, psichiatra e si alterna al collega nella narrazione, capitolo dopo capitolo. Quelli che seguono il punto di vista di Lucas sono in terza persona. Anna racconta in prima persona.
L’inizio della seconda storia è col botto, c’è poco da dire. Un’esplosione, durante un sopralluogo nella cittadina fantasma di Eden Crossing, dove si è consumato il suicidio collettivo di una setta, nel tempio-pagoda della Confraternita dei Testimoni, del fanatico reverendo Tobias Manne.
Gli agenti sono sgomenti davanti ai corpi di cinquanta adepti morti, quando Lucas coglie un segno sfuggito a chiunque altro. Un urlo, una gran spinta ad Anna e finiscono fuori, oltre il portone aperto. L’onda d’urto li investe a una decina di metri dalla pagoda, quelli che bastano per non essere feriti in modo grave, pur proiettati per terra e avvolti da una vampa di calore.
Sulla scena del suicidio di massa, un piromane ha versato benzina dovunque, coprendone l’odore con l’incenso. Poi ha innescato l’incendio esplosivo al momento voluto. E quel maniaco è ancora sul posto, dopo lo scoppio, a godersi la scena.
Anna e Lucas sono scossi ma illesi e gran parte degli altri componenti della squadra d’intervento erano usciti, ma un collega anziano è morto, la medico legale Sasha è bruciacchiata e tagliuzzata e il suo gioviale collaboratore è seriamente ferito.
A lanciare l’allarme è stata Laura Gibson, una giornalista infiltrata tra i fondamentalisti religiosi: la setta era al collasso e la situazione stava per precipitare. Ma l’SOS è arrivato troppo tardi.
Laura è la nuova ragazza di Stephen, l’uomo con cui Anna ha avuto una relazione. L’aveva aiutata ad abbattere le barriere che le impedivano di entrare in contatto con le persone. Era l’unico al quale aveva confidato la sua storia dolorosa, ma il giornalista in lui aveva avuto il sopravvento sull’innamorato: aveva usato le informazioni per scrivere un libro, vendendo così il passato della sua ragazza. Lei non aveva avuto scelta. Lo aveva lasciato.
Il suo nome non è sempre stato Anna Wayne. Era stata costretta a cambiarlo per intraprendere una carriera in polizia senza essere sempre indicata come “la vittima del mostro”. Era solo una ragazza quando era stata rapita, segregata per giorni, narcotizzata, aveva subito molestie che l’avevano segnata. Era riuscita a liberarsi e fuggire, ma in realtà non si era mai lasciata alle spalle il casolare degli orrori nelle campagne attorno a Haven.
Ecco posizionati i protagonisti giusti al posto giusto, nello scenario del secondo romanzo. Ed ecco indicate le dinamiche psicologiche, i percorsi mentali, le vere e proprie turbe che affliggono intimamente questi personaggi. La costruzione delle loro personalità si fa sempre più definita e si avvia verso un nuovo episodio di quella che il misterioso autore annuncia come una trilogia.
Chissà se si fermerà al terzo titolo. Non si sa mai, la vena potrebbe non essere affatto inaridita.
Ah, Haven non esiste. È un mix di tante città. Un pezzo ciascuna, Roma compresa.
Il respiro del fuoco
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