Sul numero di novembre 2013 del free press Slide Italia potrete leggere nella ribrica "Parliamo di Libri" l’articolo di Giovanna Giraudi sul libro "Il senso di una fine" di Julian Barnes. Ecco la versione integrale dell’articolo:
“Il senso di una fine” di Julian Barnes è un’opera che merita grande apprezzamento. Con questo libro, pubblicato in Italia nel 2012 con l’ottima traduzione di Susanna Basso, l’autore ha vinto nel 2011 il Man Booker Prize, prestigioso premio letterario inglese.
E’ la storia narrata in prima persona da Tony Webster, sessantenne in pensione, dalla vita simile allo scorrere di un fiume tranquillo, con la tendenza a quel senso di autoconservazione che permette proprio a chi è mediocre di vivere un’esistenza quieta e senza estremi turbamenti o dolori. Tony è un uomo come tanti che ha vissuto, negli ultimi decenni, una vita senza emozioni, metodica, ripetitiva il cui unico neo è stato il divorzio dalla moglie con la quale ha mantenuto, però, buoni rapporti. Il protagonista si trova costretto a percorrere un cammino all’indietro nella propria esistenza nel momento in cui riceve in eredità una piccola somma di denaro e un diario. Quel che lo stupisce di più è il fatto che il lascito provenga dalla mamma di Veronica, la sua fidanzatina dell’età adolescenziale, di quando egli si apprestava, con i compagni Colin e Alex, a frequentare le ultime classi del college. Loro, ricorda Tony, erano ragazzi come tanti, con la voglia di vivere ma, anche, i tormenti tipici di quell’età e le normali pulsazioni erotiche da tener, però, celate, vista la pruderie di quei tempi. Ai tre si era unito Adrian, dall’intelligenza viva, con un atteggiamento ben diverso da quello degli altri ragazzi.
“Ecco un esempio della differenza fra noi tre e il nostro nuovo amico. Noi prendevamo tutto alla leggera tranne le poche volte che decidevamo di prendere una cosa sul serio. Lui prendeva tutto sul serio tranne le poche volte che decideva di prendere le cose alla leggera”.
Adrian stupiva tutti, anche i professori con i quali discuteva di temi profondi, di Eros e Thanatos, di amore e morte, del loro conflitto e delle conseguenze che esso provocava. Adrian, così unico, apriva gli amici a nuove conoscenze. Tra di loro, i ragazzi, quasi per imitazione, avevano preso a usare un linguaggio diverso e modi di dire prima inconsueti come “filosoficamente tautologico” che più e più volte ricorre nelle pagine del romanzo. Contemporanea all’amicizia fra i ragazzi era, per Tony, la passione per Veronica, ma breve era stata la loro storia, il cui ricordo aveva poi amareggiato il protagonista soprattutto perché lei gli aveva preferito il suo modello di ammirazione. A tale sconfitta il ragazzo aveva reagito con una lettera dai tratti caustici: essa era la manifestazione di tutta l’amarezza che egli si portava dentro, con la consapevolezza della sua, già allora, insormontabile mediocrità.
Poi, il tempo, inesorabile, era trascorso, riserbando ad ognuno un destino diverso, talvolta inaspettato. Ma per capire davvero il passato, è necessario che esso si ripresenti, in modo anche inconsueto, a Tony, il protagonista la cui storia è solo il racconto della sua vita, così come lui lo ha costruito negli anni.
“La nostra vita non è la nostra vita ma la storia che ne abbiamo raccontato”.
Quel quadro così dipinto in tanto tempo ora è faticosamente interpretabile. Dopo tanti anni e un’assidua ricerca, Tony rivede i propri errori, spesso dettati solo dalle circostanze; egli fa, seppur a fatica, chiarezza sul passato e prende dolorosamente coscienza che la vita di ognuno è segnata non sempre da gioie, ma, purtroppo, anche da tragedie piccole e grandi. E’ il momento della valutazione a ritroso e, poi, del tirar le somme: in matematica ci sono le quattro operazioni il cui risultato è scontato mentre nella vita, a volte, i conti non tornano. C’è inoltre, come scriveva Adrian, anche il problema dell’accumulo, della moltiplicazione delle perdite e dei fallimenti, proprio come si era verificato per alcuni protagonisti della storia. Anche se Tony ha l’occasione di volger lo sguardo sull’espressione di tale formula matematico - esistenziale, di cui lui costituisce uno degli elementi, ora è troppo tardi. Si è arrivati non alla fine di una vita ma “alla fine della probabilità che qualcosa cambi”. Rimangono tristezza, rimorso e, poi, il tempo inquieto.
“Il senso di una fine” è un’opera all’apparenza semplice ma raffinata che disserta del modo in cui ognuno di noi affronta i propri giorni per dare ad essi un significato ma è anche molto, molto di più. E’ un romanzo che va letto lentamente, anzi centellinato per capirne e apprezzarne il contenuto profondo. E’ una storia che rimane dentro, che non si dimentica. E’ un piccolo capolavoro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il senso di una fine su Slide di Novembre 2013
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